Apr. 1st, 2020

danzanelfuoco: (Default)
Boku No Hero Academia

BakuDeku 

COW-T #10, w7, m2 (Crime!AU)

Wordcount: 946



Tu sei Overturn?” chiese Bakugou, ma era una domanda della quale conosceva già la risposta.  

“Sai cosa significa ‘Overturn’?” si limitò a rivolgergli un’altra domanda Izuku, come se la realtà non fosse già evidente davanti a loro in quel piccolo pezzo di stoffa che era la sua maschera e Deku dovesse lentamente guidarlo verso la verità. Come se non gliela avesse appena sbattuta in faccia.

“Io -”

“Confutare, rovesciare un opinione. Quello che dovevo fare io. Provare che avevi sbagliato, che potevo essere alla tua altezza. Certo non mi sarei mai aspettato che saresti stato tu a diventare un vigilante, ma la vita è piena di sorprese.” 

Guardando la maschera che teneva tra le mani, Katsuki si chiese come fosse stato possibile tutto ciò e si mise a ridere. 

Non era una bella risata, una di quelle piene di gioia che si fanno quando ti raccontano qualcosa di divertente. Era una risata amara, leggermente isterica, una di quelle in cui, se solo non fosse stato Bakugou quello di fronte a lui, Izuku sapeva i singulti si sarebbero trasformati in singhiozzi e lacrime. 

Invece Kacchan aveva semplicemente lasciato che la risata si spegnesse, seguendo il suo corso, gli occhi assolutamente asciutti. Perché quello era Katsuki in fondo.

“Dannato, nerd” disse, ma straordinariamente non era insulto. “Il mondo va a rotoli e tu c’eri già in mezzo. Avrei dovuto aspettarmelo da te.” 

Izuku si concesse un mezzo sorriso, uno nostalgico “Sì, avresti dovuto.” 

“Come tu sia riuscito a non farti ammazzare in tutti questi anni…” 

“Fortuna, Kacchan. E poi sono bravo. Ma soprattutto fortuna.” 

Fu il turno di Bakugou di stamparsi in faccia un’espressione compiaciuta, una di quelle da ‘io so una cosa che tu non sai, preparati ad una sorpresa’ e straordinariamente dopo dieci anni, Izuku era ancora in grado di interpretare ogni sfumatura del comportamento dell’altro. 

“Cosa?” 

“Fortunato come per non farsi ammazzare da Stain?” 

“Come fai a saperlo?” 

Non era una notizia uscita sui giornali. La prima apparizione di Overturn era stata insabbiata insieme al ruolo che avevano avuto Iida e Todoroki nella cattura del killer di eroi, il merito era stato dato ad Endeavor e già il giorno dopo i giornali avevano parlato di altro, Stain e tutte le sue vittime ormai finite nel dimenticatoio, come se quel Villain non avesse fatto correre un brivido di terrore lungo la schiena dell’intera comunità eroi giapponese. 

Izuku aveva guardato il giornale sbalordito, nessun riferimento a lui, giusto una piccola menzione, en passant, ai due ragazzi prodigio della U.A. e poi Endeavor, Endeavor, Endeavor. Il suo cervello non ci aveva messo molto a fare due più due e a dirsi che era meglio così. 

“Potrei aver estorto qualche informazione al bastardo a metà quando Overturn… quando tu hai fatto la tua comparsa sulle scene. Diciamo che con tutto il casino che è successo, neppure lui o quello occhialuto avevano così tanta voglia di tacere. In fondo non gli sembrava giusto che tu non fossi nemmeno stato menzionato dal giornale. O capito subito di doverti tenere d’occhio.” 
“E perché lo avresti fatto?”

“Perché ammettiamolo, dopo la caduta di All Might e dopo che LeMillion ha perso il suo quirk, tu eri quello da battere.”
“Ma io non sono un Hero.” 

“Come se avesse importanza. Non esistono più gli Hero ormai.” 

“Perché lo fai?”

“Cosa? Il vigilante?”

“Sì. Perché hai preferito diventare un criminale, nasconderti sotto una maschera, essere costretto a cambiare nome quando avresti potuto unirti alla polizia. Tutti i tuoi amici, compagni, diamine persino alcuni dei professori e degli Hero professionisti sono entrati nell’arma. Perché tu no?”

Le labbra di Bakugou si tesero in un sorriso amaro e crudele, mostrando i denti quasi fosse un predatore. “Perchè il mondo ha bisogno di eroi. Perché i villain non giocano secondo le regole. Pensi che gliene freghi qualcosa a loro di non poter usare i quirk? Sono criminali, li usano lo stesso. E la polizia e la gente comune, con tutti i loro inibitori, sono solo carne da macello.”

“Sai che non è vero,” Izuku inarcò le sopracciglia, indicando con il capo la maschera che Bakugou ancora teneva tra le mani. 

“Tu sei sempre stato l’eccezione, Deku. E in ogni caso, perché tu non sei entrato nella polizia allora? Perché giri con una maschera, invece che con un distintivo.”

Izuku ghignò, accondiscendendo con il capo. “Perché il mondo ha bisogno di eroi.”

“‘Fanculo, sì.”

Dopo essersi infilato una vecchia maglietta stinta di Crimson Riot, Izuku ne lanciò una di All Might a Bakugou perché se la mettesse addosso.
Katsuki fece una smorfia vedendo il soggetto della maglietta. 

“Hai pensato che fosse colpa tua.” Quella di Izuku non era una domanda.  

“Non sono cazzi tuoi.” 

“Ma l’hai pensato, vero?” 

“Cosa cazzo non è chiaro di non sono cazzi tuoi? Forse il tè non è una così buona idea. ”

“Kacchan, ti ho appena salvato il culo, io sarei un po’ più… collaborativo, se fossi in te.” 

“Fanculo. Sì, va bene, l’ho pensato, certo che l’ho pensato. Cazzo, mi sono fatto rapire dall’Unione dei Villain come un idiota! Ma poi ho parlato con All Might -”

“Oh mio Dio! Hai parlato con All Might!” Izuku urlò. “Ma certo che hai parlato con All Might, era un professore, no? Ovviamente non sarà stata la prima volta che ci hai parlato, come ho fatto a non pensarci! All Might era un tuo insegnante, lo vedevi tutti i giorni!”

“Smettila di fangirlare, Deku” 

Izuku chiuse la bocca di scatto, con un rumore di denti, quasi che non potesse fidarsi di sé stesso per tacere. “La vuoi una tazza di te o devi scappare?” 

“La polizia mi starà ancora cercando, ho tempo.”

“Beh, io ho una missione,” Izuku sorrise, avviandosi verso la cucina, “E se ti va di ascoltarmi, potrebbe essere il lavoro giusto per due persone.” 

 

danzanelfuoco: (Default)
 Harry Potter

Snarry

COW-T #10, w7, m4 (Dark Horse - Katy Perry)

Wordcount: 1905


 

So you wanna play with magic

 

Boy, you should know whatcha falling for


The room was hot as a furnace. The fumes of potions brewing in all those cauldron was making it difficult for Harry to concentrate, the sweat dropping from his forehead, not to mention the sweet smell, almost like putrefaction, provoking him a vague sense of nausea.

“Potter! What on Earth do you think you’re doing?” The snarl caught him unaware, blocking him in the act of adding what Harry thought was the fundamental ingredient to his potion. 

Professor Snape covered the distance between them in two stride and, with a motion of his wand, made the liquid Harry was brewing - with not so much attention as he thought - disappear. 

Harry sighed. Seven year of this and he still wasn’t able to create a decent potion at the first try. Not so good for someone who wanted to became an Auror (but, if he allowed himself to think about it, after everything happened with Voldemort, he had lost the interest. Truth be told, he had enough fighting for a lifetime. Not that he allowed himself to think about it). 

“Adding ginger root?” He asked tentatively.

Once Snape would have taken points from him, even given him detention for just daring to answer, but things between them had changed a little, shifting form the consolidate axis of hate to some obscure and unknown grey zone. You can’t really keep hating someone when you’re showed everything you knew about them was wrong. Harry felt like he had the key to interpret what Snape had done in a new light, and though he couldn’t forgive him everything, he could at least understand him. Seeing Snape’s weakness and pain made him realize he was human and not just a cold hearted son of a bitch. 

On the other hand, Snape must have faced his same epiphany. His behavior toward him changed, too, as if he had smothered his edges. Harry didn’t know what was the cause of it, he had not given Snape some of his memories from which drawing conclusions and he didn’t think saving his life from Nagini’s venom had helped (he knew his father had saved Snape’s life once and that only worsened his hate), but nonetheless something had happened to make the hate in the professor’s eyes disappear, replaced by a cautious investigating look, the same you could have if you were trying to solve a puzzle that could turn and bite you.  

And lately Harry was developing the odd craving to actually bite him - taste him - every time Snape stared at him like he wanted to strip him of his skin to understand what was going inside him. It was a look that made Harry shiver, but it was a thrill, not disgust or hate, that went down his spine. 

“Do you want to blow up the entire classroom?” 

Snape was towering over him, leaning with his frowning gaze at a few inches from his face, and Harry, almost in a trance, found very difficult to remember what he was doing right there. 

“N-no” he stuttered, retreating. 

That were the times when he remembered that as adult as he could be after all that happened he was just eighteen, a teenager that dealt with more than anyone could expect from him and now of major age, but a teenager nonetheless. And having Snape so close to him, when all of his feeling about him where a tumultuous mix of residues of hate and care, anger and understanding (and something else he couldn’t quite define), well that was confusing and definitely not helping.

“Well, Mr Potter, this is not working. I demand a private interview to discuss about your future career.” 

“Is this a detention?”
“If it was so, I would have said detention, Mr Potter.” 

“Yes. Yes of course.” Harry gulped down, feeling his throat extremely dry. 


* * * *


Harry lingered after the end of the class. He had a free period and if Snape wanted to talk to him, it was better to get over with it. 

The professor arched his eyebrow as the rest of the students filed out while Potter didn’t, even if he had already recollected his things and approached him. 

Harry felt again the thrill of anticipation and wondered what the heck was wrong with him and his responses to the man. 

“Mr. Potter?” 

“You wanted to talk to me, right? About my career.” 

“Now?”

“Why not? Do you have another class?” 

Snape pondered if it was better to get over with it or schedule a proper appointment as it would require the protocol. After all, with Potter - and the whole lot of those damn Gryffindor - there needn’t be formalities. 

“I know you have stated you wanted to become an Auror,” Snape started, “but frankly Mr Potter, your Potion skills are abysmal and I cannot, in good conscience, pass you. You would end up dead by the end of the month if you were to start your training in such poor conditions.” 

“And you wouldn’t want me to die, would you?” Harry retorted before he could think better of it. 

“Of course, not.” The ‘I’ve spent my whole life trying to keep you alive, you stupid brat’ wasn’t said, but lingered in the air nonetheless. 

Harry passed a hand in his hair, embarrassed. “Yes. Yes, of course. It was stupid of me.” 

Snape remained silent, his face speaking enough. 

“So what should I do?”

“I would suggest you to direct your efforts toward another profession. I realize your whole life has been dictated by the mad Dark Lord trying to kill you, but that shouldn’t reduce your horizon.” 

“Your life has been as well, and yet you’re still here teaching.” 

My career is not the topic of this conversation. I’ve been teaching for almost twenty years of my life, I could hardly wish for another job.”

“But I thought you hated teaching…” 

“Mr. Potter. My job - is not - the topic - of this - conversation,” Snape stressed every word, as if it needed to be hammered in his head, “Yours is. And I suggest you a change of career. However, if you are inclined toward becoming an Auror notwithstanding the fact that your Potion skills will never be adequate…” 

“Now, I don’t think I’m a hopeless case!” Harry interrupted him. He had been an amazing Potion student with the help of the Half Blood Prince in sixth year, that should at least vouch for is not complete incapability on the subject.  

Snape licked his lower lip and bite into it as if to restrain himself from saying something very nasty. 

Harry would have wondered about that - once Snape would have spat in his face whatever insult without a second thought - if only he hadn’t be so damn mesmerized by the act itself.

“I am the teacher.”

“Uh -?”

“I decide whether you are a hopeless case or not.” 

“And am I?” 

Snape pinched the bridge of his nose, and Harry looked at him, greedily, wondering if he would lick his lips again. 

“You are not… a complete failure. Your bases are… acceptable. But bases are first year knowledge, and by now you should know better. This is an art that requires precision, your starts are good, but you tend to… wander during the brewing. That’s what spoils your potions. You are not careful enough. What is it that it’s distracting you so much from paying attention to even the simplest of instruction?” 

“You.” 

It was out of his mouth before he could even think about it. 

He could feel heat and blood rising to his cheeks and he wondered what shade of red he had become. 

“Excuse me?” 

“I keep thinking about you and the war and I try to figure you out, and I can’t so I get distracted and -” 

“Potter…” 

“No, no, hear me out, we didn’t talk about - ” 

“Potter, we have nothing to talk about,” Snape grimaced. 

“We do!” Harry exclaimed, before the professor could walk away. “I see how you look at me! And -” 

Snape gripped his collar, his eyes wide, his expression twisted in anger. 

“You should know,” he seethed, bringing their face closer, “that whatever you are trying to say, to imply -” 

“No, no, you don’t understand!” 

“Oh, I think I understand perfectly, Potter. After everything I did for you, you are willing to jeopardize my job on some obscure pretense that I -” 

Harry kissed him, bluntly, sliding his tongue in his mouth. 

He could feel the tension in Snape’s body deflate as he returned the kiss, his tongue pushing his way in Harry’s mouth, the hand still on his collar clutching harder and then - 

Snape pushed him away.
“Why did you do it? What possessed you?” Disbelief and shock and a little of anger, but mostly in Snape’s eye there was the blankness that accompanied the very specific thought of ‘I don’t have the faintest idea of what just happened’. 

“I couldn’t help it.”

“You couldn’t help it?” Snape snarled. “You couldn’t help it! What is this… mockery? If you think that… just because what you saw in my memories about my sexual preference… that this would be an appropriate way to pass your class -” 

“Oh, shut your mouth just for once.” 

And Harry kissed him again. 

This time it took Snape a little less time to snap out of it. 

“Potter! I demand - ” 

“I got it. I knew why you were looking at me like that and why I felt what I did and this… this whole tension thing going on… ” 

“You don’t make sense, Potter.” 

“I think I like you.” 

“Oh, well, should I thank you, then?” Snape scoffed, “The Great Harry Potter likes me. You don’t know what you’re talking about.” 

“Well, why don’t you show me?” 

“Potter…” this time it was a plea - to make sense, or to have pity on him and stop whatever it is he was doing. 

“You kissed me back, so maybe you know I know what I’m talking about.” 

Snape looked ready to give up and emigrate in Mexico - or in another very warm country, where he could buy cheap alcool and forget about the rain and the wind. “I’m too old for this shit.” 

“You’re not even forty and I’m legal. No one needs to know,” Harry chirped, placing a chaste kiss on his lips, so fast the professor couldn’t even react.

With a sigh, Snape gave in. “I’ll be known as the Death Eater who defiled the Harry Potter the Saviour.” 

“I thought you would be more difficult to convince.” 

“I’ve been a spy, Mr. Potter. I know to take advantage of the opportunity served to me on a silver platter.” 

“Aw, an opportunity, is it?”
“Kindly shut up, now, and use your mouth in a more fitting way.” 

“Yes, Sir.” 

Sir

Eight years, a war and an almost dead experience, and this was what it took to be called Sir. 

It probably was to be expected, Snape thought. 

And then Harry put his mouth to better use - he kissed him and then… well, you can imagine what happened then -  and Snape didn’t think at all. 


 

'Cause once you're mine, once you're mine

 

There's no going back


“I think the solution should be Potion tutoring. Extra lessons.”

“Are you really willing to apprehend or is this just some poor excuse?” 

Harry smirked. “Both?” 

“Both is acceptable.” 

danzanelfuoco: (Default)
 Boku No Hero Academia

BakuDeku Hogwarts!AU  

COW-T #10, w7, m4 (Magic - Coldplay)

Wordcount: 411


 

Call it magic, call it true

 

I call it magic when I'm with you


Evitare il custode e i fantasmi era sempre la parte più dura, soprattuto perché tra i sotterranei di Serpeverde e la torre di Grifondoro c’era l’intero castello e quell’inutile Deku di Midoriya insisteva sempre perché si incontrassero a mezza strada. 

“Perché il bagno dei Prefetti è troppo scontato e sarà sicuramente controllato dagli insegnanti, almeno una volta per notte” aveva detto con il suo solito mugugno cantilenante che a Bakugou dava proprio sui nervi. Come se lui non sapesse che in realtà voleva solo che anche Katsuki facesse uno sforzo. 

“Dove cazzo ti pare, Deku, ma se fai perdere punti a Serpeverde ti uccido!” 

“Guarda che se ci beccano li tolgono pure a Grifondoro, eh,” aveva replicato l’altro. E oh, quanto odiava Bakugou che quello gli rispondesse a tono. “E poi l’alternativa è pur sempre non incontrarsi affatto” aveva sogghignato e poco c’era voluto perché Bakugou lo sbattesse contro il muro e se lo scopasse proprio lì, in mezzo al corridoio. 

Oh, sì, quanto odiava quando si permetteva di rispondergli a tono…  ma forse odiare non era il termine adatto - Katsuki non era mai stato bravo con le emozioni - era piuttosto un formicolio che gli percorreva l’intero corpo, quasi che la sua pelle gli si dovesse staccare di dosso, una sensazione calda che gli invadeva il petto e l’addome e i lombi e lo costringeva a mettergli le mani addosso - artigliargli il colletto, portando i loro visi così vicini da poter sentire il suo respiro sulla pelle, sentirlo alla sua mercé - per non esplodere. 

Se solo Bakugou non fosse stato un idiota si sarebbe reso conto molto prima che quello che voleva davvero fare non era picchiarlo né maledirlo, come continuava a minacciarlo. Ci era voluto tutto il coraggio che Izuku possedeva per tirarlo per i capelli un giorno che si erano ritrovati nell’ennesima discussione e chiudere la distanza tra le loro labbra. 

Come? Si era chiesto Katsuki più volte e a volte se lo chiedeva ancora. Come cazzo era finito impelagato con quell’imbecille? 

Ma il cuore ha ragioni che la ragione non conosce, o così gli aveva detto quella pazza di Mina, facendogli l’occhiolino, nonostante non dovesse saperlo nessuno che lui si stava andando ad incontrare con quel Deku di Midoriya, quel Grifondoro deficiente e senza alcun istinto di sopravvivenza. 

Come cazzo era finito impelagato con quell’imbecille? Si era chiesto più volte. Ma mai si era chiesto come uscirne.

E forse il punto era proprio quello. 


 

I don't, no, I don't, no, I don't, no, I don't

Want anybody else but you


danzanelfuoco: (Default)
Boku No Hero Academia

EraserMic 

COW-T #10, w7, m5 (Physical - Dua Lipa)

Wordcount: 1688


 


Who needs to go to sleep, when I got you next to me?


“Cosa vuoi, Hizashi?”  

Sono le tre di notte e sì, certo lui era sveglio perché lui è un nottambulo e e questi sono i suoi orari. Il che non spiega come mai Hizashi sia sveglio e pimpante, quando di solito crolla alle 20.30 nel suo ‘sonno di bellezza’. 

“Mi hanno offerto un posto alla U.A.” gli spiattella l’amico, senza neanche troppo bisogno di incoraggiamento. 

“Alle tre di notte?” 

“NO!” Hizashi urla, ma poi si pianta una mano sulla bocca, cercando di contenersi. “Ma tu di pomeriggio dormi, quindi sono venuto a dirtelo ora! Mi hanno offerto un posto di lavoro!” Hizashi cerca di trattenersi e non alzare la voce, sa benissimo che i vicini di Aizawa già lo odiano.

“Come bidello?”
“Come professore!”

Shouta alza gli occhi al cielo. “E che mai potresti insegnare tu?” 

“Inglese.” 

Shouta controlla l’orologio. Tre e un quarto. 

“Vorresti entrare a prendere un te?” Se rimangono ancora sul pianerottolo c’è rischio che quello si metta a strillare e Shouta ha già litigato abbastanza con i vicini per rumori molesti durante la notte - come quella volta che sfinito e coperto di sangue dalla testa ai piedi era inciampato nella gamba del tavolo e fatto cadere un vaso alle quattro del mattino. O quella volta che… no. No, meglio non pensarci.

“Volentieri,” Hizashi sorride e Shouta non ci sta pensando davvero. “Sarebbe il caso di festeggiare.” 

No. 

No, Shouta ha deciso parecchio tempo prima che qualsiasi cosa Hizashi pensi sia meglio fare in realtà è sicuramente meglio fare tutto il contrario. Soprattutto se si tratta di festeggiare. 

Eppure, Shouta - Shouta con lo sguardo duro e stanco, con le occhiaie, con la faccia di uno che sicuramente può fare a meno delle stronzate, Shouta l’eroe dell’underground di cui nessuno conosce il nome per quanto ci abbiano provato, quel Shouta - apre la porta un po’ di più e fa un passo indietro per permettergli di entrare, mentre il suo cervello grida ‘no, non farlo, sai benissimo come andrà a finire, ti farà solo male’. 

Shouta potrebbe mentire a sé stesso, dirsi che non è vero, non è che debba finire proprio nello stesso modo ogni volta… è solo che finisce nello stesso modo ogni volta e Shouta ormai se ne è fatto una ragione, quindi nemmeno mentirsi ha più l’effetto sperato, quel vago senso di colpa, quel ‘so cosa sto facendo e che lo sto facendo anche se non dovrei farlo’ non viene più tacitato. 

Entrando in cucina, Shouta si chiude la porta alle spalle con delicatezza, per evitare che i cartoni di uova precariamente incollati al muro per insonorizzare la stanza si stacchino. 

L’acqua che aveva messo a bollire prima che l’amico cercasse di sfondargli il campanello è pronta e Shouta la usa per preparare due tazze di tè invece che una solamente. Hizashi nel frattempo si è lanciato in un monologo degno della miglior guida turistica di Tokyo sulla magnificenza, la professionalità e il prestigio che insegnare all’U.A. porterebbe a un qualsiasi eroe e su quanto chiunque sarebbe assolutamente idiota nel rifiutare un posto del genere. 

“Stai cercando di convincere me o te stesso?” chiede Aizawa confuso, perché questo non è il tenore della conversazione che si aspettava. Hizashi andava sempre blaterando dell’U.A. e Shouta pensava sarebbe stato davvero contento che gli avessero offerto un posto. E allora perché sembrava che stesse facendo gli straordinari in radio a pubblicizzare la scuola?

Hizashi si interrompe a metà battuta e inclina la testa con un sorriso. “Te, ovviamente.” 

“E di cosa mi dovresti convincere?” La fronte di Shouta si corruga prima ancora di sentire la risposta dell’altro. 

“Oh, beh…” Hizashi tentenna, non è da lui e un panico gelido si riversa nel petto di Aizawa. 

“Hizashi…” C’è una nota pericolosa nella sua voce, quella che di solito usa per i criminali quando deve convincerli che rivelare un’informazione sarebbe meno doloroso dell’alternativa. 

“Potrei aver negoziato un posto anche per te, oltre al mio stipendio.” 

“Cosa?” 

“Vieni a insegnare anche tu all’U.A.” Hizashi gli pone l’offerta così, come se non si portasse dietro una miriade di implicazioni. “Vieni con me,” sussurra, prima che Aizawa possa aprire la bocca e dire ‘no, non posso’, talmente piano per i suoi standard che Shouta si chiede se non abbia sentito male - se non abbia sentito quello che voleva sentire. 

“Io -”

Le parole gli muoiono in gola. 

Hizashi ha una mano posata sul suo ginocchio adesso - niente di eccezionalmente sconveniente, se solo un gesto del genere non avesse già portato a infinite scopate in luoghi più o meno rispettabili - e un’espressione così dannatamente aperta e vulnerabile sul viso che Shouta sente crepare qualcosa dentro di sé. 

“Cosa mi stai offrendo esattamente, Hizashi?” Chiede invece, perché gli sembra più facile che cercare di capirlo da solo. 

“Tutto… se lo vuoi.” 

Hizashi tentenna e il mondo di Aizawa si inclina per un momento, perché Hizashi non tentenna. Mai. 

Eppure eccolo lì e Shouta fa fatica a respirare, come se le sue bende si fossero strette troppo intorno al suo torace, come se una roccia avesse deciso di piazzarsi sul suo petto, come se un qualcuno avesse aumentato la pressione dell’aria attorno al lui. 

“Shouta…?”

Aizawa credeva di essere intelligente, ma forse non ha capito proprio niente e Hizashi ci è dentro con tutte le scarpe, proprio come lui. 

Shouta pensava di essere un masochista, che gli piacesse farsi del male, stare con Hizashi anche se non sarebbe potuto evolvere in nient’altro, pensava che poteva bastare anche se ogni volta che lui se ne andava - o l’altro se ne andava, o se ne dovevano andare insieme - c’era quella sensazione, come di mancare un gradino e cadere, ma in fondo la potava sopportare. In fondo ne valeva la pena. 

E adesso invece è la faccia di Hizashi quella su cui è dipinta la realizzazione di aver mancato il gradino e di stare per cadere. E tutto questo perché Shouta è talmente sopraffatto dall’idea di non essere da solo in tutto questo schifo che non è nemmeno riuscito a dire due parole, mettendole in fila una dietro l’altra. 

“Non - non importa se non vuoi venire,” Hizashi tende le labbra nel suo solito sorriso gioviale, ma Shouta lo conosce abbastanza bene da vedere che non raggiunge gli occhi. “È solo che pensavo… beh, sai, magari poteva farti comodo un lavoro extra e poi non interferirebbe nemmeno con la tua attività di eroe visto che è notturna, no?  Pensavo che, beh, visto che siamo a-” il suo sorriso vacilla e Hizashi deve deglutire, prima di poter continuare, “amici avremmo potuto…” 

“Amici?” Aizawa lo interrompe e afferra la mano che è ancora sul suo ginocchio, stringendola. “Hizashi, io… non pensavo che tu…” 

“No, no, davvero, è tutto okay,” Hizashi scuote la testa e i suoi capelli lunghi ondeggiano con il movimento, “ho capito, è stato un malinteso, non c’è niente di tragico. Errare è umano, shit happens.” 

Gli occhi di Shouta brillano e i suoi capelli si sollevano per un istante, abbastanza perché la voce di Hizashi sia ridotta ad un sibilo.  “Taci, per una volta nella tua vita, e fammi finire una frase.” 

“Make me,” esce dalla bocca di Hizashi prima che questo se ne renda conto e il suo viso si congeli in un’espressione di orrore. 

Perché era iniziata così - con le loro bocche troppo vicine e Hizashi che voleva dargli fastidio e Shouta che voleva solo farlo stare zitto - la prima volta e molte altre volte dopo, quasi una parola in codice. 

Shouta obbedisce anche questa volta, chiudendogli la bocca con la propria. 

Hizashi vorrebbe poter dire di starci capendo qualcosa, ma proprio non è questo il caso e, sebbene l’idea di continuare a baciarsi come facevano a sedici abbia i suoi vantaggi - diamine, la cucina è persino insonorizzata, ora, il che, insieme al bacio, non depone come prova a favore del tono alla ‘non sei tu, sono io’ della conversazione precedente - ora ci sono cose più importanti dei suoi ormoni. 

“Oi, oi, fermo. So che a te piace essere il tipo taciturno e tenebroso, ma ora ho bisogno che tu faccia l’intelligentone e mi spieghi cosa diamine sta succedendo.” 

“Ci vengo. Con te. All’U.A.” 

Hizashi apre e chiude la bocca come un pesce e Shouta deve trattenere un sorriso. 

“Cos -? Perché?”

Shouta chiude gli occhi e si massaggia le palpebre, tutta la stanchezza della notte che sembra improvvisamente pesargli addosso. 

“Perché sei un idiota e io sono un’idiota e non pensavo… non pensavo che anche tu…”

“Oh.” 

“Già.” Shouta si rifiuta di arrossire e nasconde il viso nella tazza del tè ormai freddo e imbevibile. 

“E allora vieni con me all’U.A.?” 

“Sì.” 

“Dobbiamo festeggiare.”

E Shouta - Shouta che ha deciso parecchio tempo prima che qualsiasi cosa Hizashi pensi sia meglio fare in realtà è sicuramente meglio fare tutto il contrario, soprattutto se si tratta di festeggiare - sorride e si alza per buttare il tè freddo nel lavabo. 


- - - 


Tempo dopo - nemmeno così tanto, perché il tavolo della cucina è scomodo - Shouta si trascina verso la camera da letto, domandandosi dove Hizashi trovi ancora le forze per essere così pimpante, visto che lui è l’eroe diurno e ha sicuramente meno ore di sonno addosso. 

L’amico - no, non più amico, o per lo meno, non solo - lo precede, praticamente gli saltella attorno raccontandogli di quanto sarà amazing e wonderful lavorare insieme e poi si lascia scappare di voler cambiare appartamento, perché il suo è troppo lontano dalla scuola e quello di Aizawa lo è anche di più e forse potrebbero spostarsi insieme, così si liberebbero pure dei vicini insopportabili di Shouta. 

Già, pensa quello, proprio ora che mi ero deciso a insonorizzare la cucina e… oh!

Shouta si chiede se Hizashi lo lascerà mai vivere in pace, ora. 

“Oh my gosh! Non ci credo!” Hizashi urla - urla, quel maledetto - con un sorriso sulle labbra quando entra in camera da letto e Shouta arrossisce e si affretta a sbattere la porta alle sue spalle. 

I cartoni delle uova alle pareti tremano, ma non si staccano. 


I know you got my back and you know I got you

danzanelfuoco: (Default)

Scrubs

J.D./Cox

COW-T #10, w7, m4 (Dark Horse)

JDox 1x16 - Whatever you do, don't get caught in his wake, because if you do, he's taking you down. 


 

Boy, you should know whatcha falling for

 

Baby do you dare to do this

 

'Cause I'm coming atcha like a dark horse


 

She's a beast

 

I call her Karma

 

She eat your heart out


When J.D wakes up in a bed that isn't his and realizes he’s naked, he thinks the night must have been a success. 

There’s still a little too much alcohol in his vein, to be honest, so he needs some time to recap what happened. Dr. Cox showed up at his house, grabbed him by his onesie while he was still brushing his teeth and dragged him to the nearest bar. Okay, what’s next? They talked to two girls, offered them drinks. Even if J.D. is pretty sure the girl he was talking to was so boring she could bring him to suicide, he couldn’t exclude he slept with her. 

Except no, he can recall the girls left. What happened then?

He talked to Cox. Yes, the man was in such a depress mood, they kept drinking. Nothing’s better than alcohol to forget problems, at least for one night. 

Then J.D. fells the bed shifting under the weight of the body that’s no longer lying next to him. 

“Oh, great!” says the other and no, this is anything but great. J.D. widens his eyes. 

“Dr. Cox!” he knows he squeaked, but... He slept with Dr. Cox! If there’s a reason in the world to squeak this is it. 

“Yeah, that happens to be my name.” Dr. Cox doesn’t seem to be particularly shocked, more like... disgusted and slumberous. He passes a hand over his face, trying to scrub away the hangover without success.  “You.. Were you really that desperate, Sheila?” 

J.D. tries to put his thoughts together. He had sex with his mentor, his father-like figure, the one he's trying to impress since day one - the one he has a crush on since day one. And that's not how he daydreamed about. 

You hitted on me!” he tries to justify himself, but it’s more likely an accusation. “And I wasn't desperate!”

“When I’m in this mood, I hit on everything that breaths, has two legs and at least a hole between them” says Cox. “It wasn't personal.” 

“This isn’t very nice to say. Besides I think it’s an exaggeration.”

“Exaggeration? Damn it, Newbie, I hitted on Carla’s mum one year and the next I ruined Ted’s wedding having sex with his bride. And this is how I started to have sex with my ex-wife again. You call this exaggeration?” Cox tilted his head, biting his lower lip, annoyed. “Why nurses hadn’t warned you?” He asks to himself, not really wanting an answer, not really expecting nurses to having warned him. Except... 

 

“Whatever you do, don’t get caught in his wake, because if you do, he’s taking you down.” said Carla.

 

“Downtown.” added Laverna.

Oh, shit! 

“It’s not like it’s completely my fault!” He really should stop with that girlish tone. 

“You know, you need to be two to do this kind of stuff, otherwise is rape. Unless you're suggesting that I raped you and by the way my ass still hurts, so it’s not really believable”  J.D. really wants to add this part, but Dr. Cox cuts him off. 

“Whatever, Jennifer.” 

“I think you'll have to...” then J.D. stops, changing his mind. He feels like pushing his luck by forcing the man to do something. “Could you lend me something to wear?”

Dr. Cox raises an eyebrow and for a moment J.D. thinks he's gonna say no, and he'll have to walk to his flat in his onesie to wear something more appropriate for work and of course be late, because right now he really doesn't have that much time. 

“Yeah, if something fits you. Make sure no one gets it, though.” 


* * * 


“Dr. Cox!” he shouts and he’s pretty sure the whole hospital has turned just to see what the hell does he need to scream like that. But at least now said doctor can’t pretend he didn’t hear him. 

“What do you want, Jessica?” he asks coldly, arms crossed against his chest. 

J.D. is not that stupid as to continue this conversation shouting, not while the staff of the hospital is staring at them, so he approaches, getting up enough courage, and...

“Dr. Cox, you can’t ignore me!” he manages to say in a lower voice. Now Cox is going to kill him, maybe he's gonna jump at his throat. The doctors in the hall suddenly have something more important to do and the nurses go back, apparently, to what they were doing before the interruption. 

“You are right, J.D. We need to discuss what happened last night.” he glances at the nurses, that are now pretending not to be looking at them. “But not here.” he says, dragging him into the nearest closet. 

“I was mean to you this morning. I shouldn’t had to. It was obviously your first time with a man and I spoiled it, treating you as if you were just a toy. '’Cause, you’re not. Well, you know, you’'re important to me, J.D.” He leans closer as if he want to kiss him...

“So?” asks the real Dr. Cox, still in front of him. “I don’t have time to waste with your daydreams, Cassandra. What do you want? You have five seconds to answer." he says showing his open hand and starting a countdown by lowering his fingers. "Four... three... two...”

Eventually J.D. manages to ignore the disappointment - of course it was just one of his daydreaming, Cox would never ever call him J.D. - and speaks.  “Dr. Cox, you can’t ignore me!” 

“Watch me.” He turns on his heels and walks away. 

He’s not even denying it! “You’re not even denying it!” 


* * * 


This must have been the crappiest day of his life. 

He had still a headache - souvenir from last night drinking and the morning hangover -, Dr. Cox clothes were too big for him - resulting in a ‘need to pull out my trousers every ten minutes’ situation - and said doctor still wasn’t talking with him. 

This required a plan. 


* * * 


“Hello Dr. Cox,” J.D. was officially a kamikaze, but desperate times required desperate measures. “I suggest you remove your hand from my arm if you don’t want me to borrow a scalpel from the surgery wing and reattach said appendix on your forehead.” 

“Charming idea, but people will start to notice us soon, so I suggest you follow me or I'll talk to you right now right here.”

“I’ll kill you.” 

“At least I’ll die content.” 

“Well, apparently you grow a pair.”

“Yes, as you could check last night.” 

“Okay, okay. I’m following you. Make way.”  
danzanelfuoco: (Default)
 Devilman Crybaby 

Akira/Ryo

COW-T #10, w7, m2 (Wing!fic)

+ prompt di scorta (7 seconds - Youssou N’Dour ft. Neneh Cherry) 

Wordcount:


Le ali di Ryo sono bianche e candide e abbacinanti, talmente splendenti che Akira non riesce a vederle, i confini non sono nitidi, le piume indistinguibili tra loro. 

Gli occhi di Amon - gialli come lo zolfo, rossi come il fuoco dell’inferno e neri come il sangue - vedono tutto con anche fin troppa chiarezza. C’è la rada peluria attorno allo scheletro della piuma prima che questa diventi una penna vera e propria, soffice e calda, c’è la membrana dell’ala, sottesa e visibile dove una piuma si è staccata ed è volata via. 

“Sette secondi,” gli sussurra Ryo all’orecchio, “conta o diventerai cieco.” 

Amon - Amon dagli occhi gialli come lo zolfo, rossi come il fuoco dell’inferno e neri come il sangue, Amon dagli occhi che vedono tutto - ride. 

Non sai niente,” dice la parte del demone che è sopravvissuta alla fusione, “niente, Stella del Mattino.” 

“Non voglio rischiare,” dice Ryo.

“Rischiare cosa?” Chiede Akira, ignaro. 

“I tuoi occhi.” 

Il suo giocattolino.” 

“Comportati bene, Amon.” 

“Sempre, mio Signore.” 

Akira non capisce. 

Ma non c’è niente da capire.” 

“I sette secondi sono passati, Akira. Chiudi gli occhi.” 

Akira obbedisce, nonostante Amon stia ridendo e vagamente scherzando nel suggerirgli di non farlo e Ryo abbia gli occhi più tristi che Akira gli abbia mai visto. 

“Che succede, Ryo?” Akira riapre gli occhi e il suo amico è di nuovo qui, bianco e candido e abbacinante nel suo completo niveo. Akira dovrebbe chiedersi come mai sia sempre vestito di quel bianco accecante e insopportabile. 

“Niente, Akira, torna a dormire.” 

Akira chiude gli occhi, la testa piena di neri capelli spettinati posata sul grembo di Ryo, e dorme. 

Ci saranno altri sette secondi, più tardi e altri sette ancora un po’ più avanti. Di sette secondi in sette secondi fino alla fine del mondo. 

Non lo saprà mai, non è vero, mio Signore?” 

La Stella del Mattino scuote la testa, passando una mano in quel cespuglio indomabile che sono i suoi capelli. “No.” 

Sette secondi è tutto il tempo che hanno a disposizione insieme, l’unico tempo che gli è concesso dove Ryo può essere Lucifero e Akira può vederlo - non capisce, no, il suo cervello umano non è ancora abbastanza fuso con quello di Amon, non sono ancora due essere indistinguibili, anche se sono sulla strada giusta per diventarlo. 

Ma anche allora avrà soltanto sette secondi alla volta. Fino alla fine del mondo. 

danzanelfuoco: (Default)
 Blue Exorcist

Rin/Yukio

COW-T #10, w7, m2 (twincest)

+ prompt di scorta - “Why do you go away? So that you can come back.” (Terry Pratchett, A Hat Full of Sky) 

Wordcount: 401


Rin chiude gli occhi e aspetta. 

Davanti a lui c’è solo la volata nera - e buia e lugubre come il funerale che lo aspetta - della pistola di Yukio. 

Aspetta lo sparo, lo sparo che non arriva anche se se lo meriterebbe, lo sparo che forse risolverebbe tutti i suoi problemi. 

Suo fratello,-  no, di più, il suo gemello, la persona con cui ha condiviso l’utero materno, il liquido amniotico e il sangue per nove mesi, quello che per quindici anni della sua vita è sempre stato al suo fianco prima che Rin se andasse con solo la sua spada agganciata alla spalla e sparisse per tre anni - serra la mascella, stringe i denti, ma non chiude gli occhi. 

Gli occhi gli servono per prendere la mira. 

“Perché sei tornato?” chiede e la voce non gli trema, ma Rin lo conosce abbastanza bene da riconoscere l’emozione trattenuta nelle sue parole. 

“Pensavo mi avresti chiesto perché me ne ero andato.”
“La risposta a quella domanda la so, me l’hai data tre anni fa. Per poter tornare,” Yukio non abbassa la pistola, non si lascia scalfire. “Che risposta del cazzo.” 

Se sembrava gelido a quindici anni, ora che è maggiorenne è puro ghiaccio senza emozioni. Le emozioni d’altra parte non gli sono mai servite.

“Era molto poetica invece. Per poter guardare il posto da cui vieni con nuovi occhi e nuovi colori. E anche le persone le vedrai diverse. Tornare dove hai iniziato tutto non e’ lo stesso di non partire mai -”

“Stronzate,” Yukio lo interrompe. “Perché sei tornato davvero?”

“Per te.” 

Ed è la verità, pura e semplice, perché per quanto si affanni, Rin non può non ammettere che stare senza Yukio è come stare senza respirare. Per quanto il gemello sia un rompicoglioni perfettino che non fa nient’altro che criticarlo, ogni momento senza sentire la sua voce era uno spasmo al cuore. 

“Rin…” 

“Se mi dici che non possiamo premo io il grilletto al posto tuo.” 

“Melodrammatico.” 

“Sempre stato. È nel nostro DNA o non mi avresti puntato una pistola alla testa non appena mi hai visto.” 

“Ti odio.” 

“Anche io ti amo. E adesso baciami.” 

danzanelfuoco: (Default)

Bnha

COW-T #10, w7, m4 (cat!fic)

Wordcount: 278


Aizawa aveva un problema e il problema era un vistoso paio di orecchie da gatto che gli erano sbucate sulla testa quella mattina insieme ad una deliziosa coda nera in pendant. 

Ora Aizawa adorava i gatti e nessuno avrebbe mai potuto convincerlo che non fossero i messaggeri degli dei scesi in terra per portare un po’ di divino amore tra le genti - angeli, angeli era la parole che cercava. 

Però… 

Il fatto che lui amasse così profondamente i gatti non rendeva conto della sua progressiva trasformazione. Non si era accorto di essere stato colpito da nessun quirk e in fondo la serata prima era stata anche parecchio rilassante, nessun villain all’orizzonte, giusto una rapina sventata e da nessuna parte gli era mai sembrato di vedere l’ombra di un pelo di gatto, nemmeno una vibrissa. 

La cosa preoccupante era che Aizawa non sapeva se la trasformazione sarebbe stata reversibile - c’erano cose peggiori, in un mondo pieno di quirk - ma soprattutto se la trasformazione sarebbe continuata.
Avrebbe rischiato di svegliarsi la mattina dopo sotto forma di gatto nero, senza possibilità di dire nemmeno una parola se non come miagolio incomprensibile ai più? Avrebbe mantenuto almeno la capacità di pensare? O si sarebbe ritrovato esattamente come uno dei felini che tanto adorava a poltrire tutto il giorno disteso al sole?

Ora che ci pensava… Forse non era un’idea malvagia. 

Niente villain, niente bambini problematici da salvare. Solo la quiete di un bel sonnellino.
“Shouta!!!!” La voce squillante del suo collega, nonché supposto migliore amico, lo riportò alla realtà. 

Merda. Se fosse diventato un gatto, Hizashi avrebbe insistito per tenerlo. 

No, doveva assolutamente andare a farsi controllare in ospedale. 

danzanelfuoco: (Default)

MCU

COW-T #10, w7, m4 (Dark Horse)

Wordcount: 264


 Comincia come un gioco. Un gioco stupido e pericoloso, ma pur sempre un gioco. 
C’è Loki nella sua cucina, appoggiato con nonchalance contro la vetrata da cui ha lanciato Iron Man non più di un mese fa e che è appena stata riparata. Tony sa che non può essere una coincidenza, ma al momento è più preoccupato dalla presenza del Dio degli Inganni in casa sua. 
“Avevi parlato di un drink, no?” le sue labbra si piegano in un ghigno.
“Mi sembrava difficile portartelo nelle prigioni di Asgard… a proposito, non è lì che dovresti essere rinchiuso per aver cercato di distruggere questo mondo?” chiede avvicinandosi al bancone degli alcolici. 
Loki ride freddamente e le sue labbra si ritraggono a scoprire bianchi denti acuminati. “Credi davvero che a Odino interessi di questo mondo?”
“Whiskey” Tony gli sbatte tra le mani il bicchiere, prima di sorbire un lungo sorso dal suo. “Quindi, a Odino non frega niente di noi, si riprende il tesseract e ti rispedisce in giro per l’universo… perché sei qui?” 
Loki sembra ponderare per un istante la questione. “Dovevo riscuotere un drink. E far sapere a te e alla tua bella combriccola che non vi siete liberati di me.” 
Tony osserva l’orologio, controllando di avere al polso anche i bracciali potenziati della nuova armatura - dalla battaglia di New York non si fa nemmeno la doccia senza averli addosso. “Tra quanto dovremmo aspettarci l’arrivo di tuo fratello con fulmini e martello per riportarti a casa prima del coprifuoco?”
Il dio ghigna ancora e questa volta Tony sente scorrergli brividi lungo la schiena.

Profile

danzanelfuoco: (Default)
danzanelfuoco

April 2025

S M T W T F S
  123 4 5
6789101112
13141516171819
20212223242526
27282930   

Most Popular Tags

Style Credit

Expand Cut Tags

No cut tags
Page generated Jul. 1st, 2025 07:21 pm
Powered by Dreamwidth Studios