A long time coming
Apr. 3rd, 2022 10:56 amSherlock Holmes/John Watson
COW-T #12, w6, m2: Matrimonio
Questo matrimonio è una farsa, John si dice, sistemandosi la cravatta. Solo che non lo è - l’officiante è vero, così come veri sono gli invitati, il ristorante per il ricevimento, il fiorista che ha sistemato le decorazioni sulle panche e il fotografo che sembra stia facendo un reportage di guerra minuto per minuto, piuttosto che un semplice album di matrimonio.
John non sa neanche perché lo stia facendo, perché si sia lasciato convincere che per arrestare uno stalker particolarmente fissato con Sherlock fosse necessario tirare su questa pantomima, ma eccolo lì, di nuovo all’altare e questa volta sì che ne avrebbero parlato i giornali.
Tutte quelle speculazioni, tutti quei gossip, e alla fine John e Sherlock stanno dando loro esattamente quello che volevano. Una grande storia d’amore, culminata con un matrimonio.
Anche se Sherlock gli ha detto che potranno chiedere l’annullamento il giorno dopo, che Mycroft glielo farà avere in giornata e John avrebbe voluto dargli un pugno - un altro, perché è sempre così con Sherlock, no? Sembra aggraziato come una farfalla, con quei cappotti svolazzanti e i delicati zigomi cesellati, e invece è un cazzo di caterpillar che travolge tutto quello che si trova sul suo percorso, asfaltandolo.
John non lo vuole sposare davvero, o per lo meno non lo vuole sposare così.
Ci ha messo un po’ per ammettere con sé stesso che quella cotta stratosferica che aveva avuto per Sherlock fin dal primo momento che lo aveva incontrato non sarebbe andata via - nonostante il ‘sono sposato con il mio lavoro’, nonostante Sherlock avesse reso ben chiaro di non essere interessato, nonostante Reichenbach. E ci aveva provato John a mettere tutto da parte, ad andare avanti con la sua vita. E invece ora si ritrova qui, davanti ad un altare, davanti a Sherlock Holmes. Ed è tutta una farsa.
"Vuoi tu, Sherlock Holmes prendere come tuo sposo il cui presente John Hamish Watson?" l’officiante chiede, seguendo la formula di rito.
"Ovviamente," Sherlock dice, senza perdere un colpo, e John si dice che è stupido vedere cose dove non ci sono, la sua voce non ha tremato, perché lui è Sherlock e di questo matrimonio non gli interessa nulla.
“Dovrebbe rispondere ‘lo voglio’, signor Holmes.”
“Lo voglio,” Sherlock annuisce e stranamente non alza gli occhi al cielo davanti alla stupidità di certe formalità.
“E vuoi tu, John Hamish Watson, prendere come tuo sposo il cui presente Sherlock Holmes?”
John esita, perché può essere una puttanata, può essere che lui al matrimonio non ci creda più, non dopo Mary, ma forse è solo quello che si è convinto di credere per non scendere a compromessi con il fatto di aver volutamente legato la sua vita a quella di una donna di cui non conosceva nulla.
E poi questo è Sherlock e Sherlock lo conosce come il palmo della sua mano, come l'interno delle sue tasche - ma Sherlock ha finto di morire e lo ha lasciato due anni a piangere una tomba vuota, Sherlock che lo tratta sempre come se fosse un passo indietro; e non che non lo sia, d’accordo, ma John con il cuore spezzato non gli può perdonare di continuare a spezzarglielo.
“John?” Sherlock inclina la testa a spronarlo davanti al suo mutismo.
No, vorrebbe dire, con che diritto mi chiedi una cosa tanto importante per risolvere un caso.
‘Ovviamente’, aveva risposto lui all'officiante, ma ‘ovviamente’ un cazzo, come se davvero volesse sposare John come se non ci fosse nessun dubbio, come se potesse essere John e nessun altro…
Il colpo di pistola risuona roboante nella stanza e John non capisce esattamente cosa sia accaduto, l’improvvisa scarica di adrenalina che gli contrae i muscoli e gli affina i sensi cozza contro l’impeto del corpo di Sherlock lanciato verso di lui.
Rovina a terra, con Sherlock che lo tiene inchiodato al pavimento, una mano dietro la nuca per evitare un trauma cranico nella caduta.
“Stai bene?” Il detective gli chiede, il respiro corto e caldo contro la sua guancia, e John si chiede se la testa poi in fondo non l’abbia sbattuta davvero.
Annuisce, con la bocca troppo secca per formulare una qualsiasi parola e Sherlock lo fissa con quegli occhi azzurri un po’ troppo intensi e John non ci crede che stiano avendo un momento proprio ora, sul pavimento freddo di una stanza comunale, al loro finto matrimonio.
“Uhm, potete alzarvi adesso?” Lestrade si schiarisce la voce ed evita palesemente di guardare nella loro direzione, “Lo abbiamo arrestato.”
Sherlock si tira su e gli tende una mano per alzarsi. John pondera se rifiutarla, perché lo stalker era lì per lui e sarebbe dovuto essere John quello a gettarsi su Sherlock per proteggerlo, non il contrario. Ma il detective sventola la mano davanti al suo naso come a dirgli di darsi una mossa e John si decide a farsi tirare su, che a Sherlock non ha mai potuto rifiutare niente, nemmeno un finto matrimonio.
“D’accordo, state tutti bene,” Lestrade constata, “Ora portiamo il sospettato a Scotland Yard e -”
"Lestrade, non puoi andartene,” Sherlock lo interrompe, “sei il testimone di John."
Lestrade corruga la fronte, ”Ma io pensavo -"
John si volta a guardare Sherlock, "Come scusa?"
Sherlock tentenna, le mani strette a pugno perché non tremino. "Io -"
Oh, Sherlock Holmes senza parole è una vista che John non si sarebbe aspettato mai in tutta la vita.
"Tu vuoi che io ti sposi davvero!"
Sherlock si tende come una corda del suo prezioso violino, ma non risponde. John lo conosce abbastanza bene da sapere che sta aspettando il rifiuto per poi finire a comportarsi come se non gliene fosse mai importato davvero di come sarebbe andata a finire la questione.
"Se vuoi che io ti sposi davvero devi chiedermelo, Sherlock."
"Cosa?"
“Chiedimelo.”
“Diresti di sì?”
John ridacchia divertito, “Sei vuoi una risposta devi fare una domanda.”
“Te l’ho appena fatta!”
“Ma non era la domanda giusta.”
Sherlock scossa la testa, quasi non ci potesse credere.
“Avanti, Sherlock, sono sicuro che la sala sia prenotata per altre persone dopo di noi.”
Lestrade fa passare lo sguardo tra i due, nemmeno fosse una partita di tennis. L’officiante, ancora scosso per la sparatoria e l’arresto di un criminale in quello che sembrava un normalissimo matrimonio, si chiede se non sia finito in una dimensione parallela che in cui gli sposi si fanno la proposta a metà della cerimonia.
Sherlock si morde le labbra e poi sospira.
“Mi vuoi sposare, John?”
John lo lascia sulle spine, si morde l’interno della guancia per non sorridere come un idiota, ed è indicativo di quanto Sherlock sia agitato il fatto che il suo cervello non registri tutti gli indizi che già rendono evidente la risposta.
Sherlock si torce le mani e John scossa la testa, “A volte sei proprio un idiota, Sherlock.”
Il detective impallidisce, a John che non per niente è un medico sembra che sia sul punto di vomitare, perciò risponde prima che possa farlo.
“Lo voglio,” dice, aprendo la bocca nel sorriso a trentadue denti che stava trattenendo. Sherlock continua a sembrare sul punto di vomitare, ma questa volta dal sollievo, e nemmeno lui con il guos grande cervello riesce ad evitare di sembrare un idiota con quell’espressione felice sul viso.
E poi John si volta verso l’officiante e risponde alla domanda alla quale prima aveva esitato, ripetendo: “Lo voglio.”
L’officiante apre la bocca, ancora leggermente sconvolto, senza sapere se deve dichiarare valido o meno il matrimonio, dopo un’interruzione del genere.
Fortunatamente Lestrade accorre in suo aiuto a salvare la situazione, praticamente strappandogli il registro di mano. “Dove devo firmare prima che una catastrofe si abbatta su Londra?”
L’officiante gli indica il punto e Lestrade firma di sbilenco, tenendo il registro in equilibrio sul palmo della mano prima di passarlo a Molly perché firmi anche lei come testimone di Sherlock.
Poi porgono il registro anche ai due idioti e finalmente questi si ritrovano sposati.