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Cow - T #12, w2, m2: La cruna dell’ago
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Note: Tutto questo è (più o meno) successo davvero, grazie Club del Cucito per regalarmi queste perle il martedì sera. 


“Non possiamo davvero star discutendo sull'eteronormatività dei bottoni,” Arianna si passò una mano tra i capelli biondi, scostando una ciocca da viso.
China sull’enorme tavolo bianco, Margherita non alzò gli occhi dai bottoni a pressione che stava cercando di applicare. “Sull’eternormatività dei bottoni a click,” specificò, mentre cercava di infilare l’ago in modo che il bottone stesse adeso alla stoffa, ma comunque attraversando solo l’orlo della cucitura in modo che non si vedesse sul dritto. “Non ho assolutamente nessun problema con i bottoni normali.”  

Arianna alzò gli occhi al cielo, “Eh, certo! Le asole poi, da quando io ho comprato la macchina da cucire nuova che le fa in automatico, sono le tue migliori amiche.” 

“Dettagli,” Margherita scosse il capo, masticando un’imprecazione verso l’ago che aveva trapassato entrambi gli strati di stoffa, “parliamo delle cose serie.”
“Come l’eternomatività dei bottoni?” Arianna alzò un sopracciglio, piena di sarcasmo, e quando Margherita fece per aprire la bocca, si corresse, “Scusa, dei bottoni a pressione.” 

“Non ho capito, scusa, a te sembra una cosa normale che il mezzo bottone con il buco sia la femmina e il mezzo bottone con la protuberanza sia il maschio?” 

“Beh, anatomicamente…”
“Punto numero 1, sono bottoni. Non hanno anatomia. Punto numero 2, senza nemmeno entrare nel discorso della disforia di genere, pure gli uomini hanno un buco.”
“Ommiodio,” Arianna soffocò una risata coprendosi la bocca con la mano. 

“Vogliamo anche parlare della misogina intrinseca nel fatto che la femmina debba stare sotto?” Margherita frustrata, staccò il bottone che non si stava facendo cucire come doveva e lo gettò via. Quello rimbalzò sulla tavola e scivolò a terra, infilandosi sotto il termosifone. 

“Ma che cazzo.” 

Arianna ormai non stava più neanche fingendo di imbastire i fianchi del vestito che sarebbe dovuto essere pronto per la settimana successiva, ma che con tutta probabilità a quel ritmo avrebbe visto la luce tra mesi. Era troppo presa a guardare l’amica imprecare contro i bottoni a pressione, contro il dannato filo che non voleva saperne di infilarsi nella cruna dell’ago, continuando a scivolare via con tutte le sue doppie punte, e contro la dannata gonna che chi le aveva mai suggerito quel cartamodello con i bottoni a pressione non si azzardasse mai più. 

“Potevano chiamarli top e bottom a questo punto,” Margherita esasperata fece il giro del tavolo per recuperare il pezzo che le era caduto. 

Dovette chinarsi e spazzarlo via dalla polvere che si era accumulata nella sala ricreativa. E meno male che dovevano pulirlo spesso perché nel pomeriggio lì ci facevano doposcuola i bambini. 

Margherita rivolse un’occhiataccia al mezzo bottone, quasi ci si fosse infilato da solo in mezzo a tutto quello sporco e il mezzo bottone la fissò di rimando con quel suo occhio nero - era la femmina, il bottone con il buco. Argh, le prudeva il naso solo a pensarci. (O forse era solo la polvere). 

Poi tornò al suo posto perché maschio o femmina, misoginia o meno, quella dannata gonna la doveva finire.

“E se ci mettessi una zip?”


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