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COW-T #11 (w2, m2): L’abito di piume


Quell’abito non s’aveva da fare. 

Margherita masticò un’imprecazione cercando di non farsi sfuggire gli spilli di bocca e contemporaneamente cercando di non trafiggersi la lingua con le dieci punte acuminate che aveva strette tra le labbra. 

Quando le aveva mostrato il bozzetto, Renata l’aveva guardata scettica. “Un vestito di piume, Margherita? E dove pensi di andare con una cosa del genere?” 

Non era esattamente portabile, no, sicuramente non per una occasione di tutti i giorni, però Margherita aveva visto quel boa di piume e se ne era innamorata, non poteva lasciarselo scappare, anche se avrebbe voluto dire fare un vestito che sarebbe rimasto nell’armadio per l’eternità. 

“A capodanno,” la ragazza aveva risposto, stringendo il blocco da disegno al petto con fare protettivo, cercando di non farla sembrare una domanda. Come se lei il capodanno non lo passasse tutti gli anni sul divano in pigiama a fare il conto alla rovescia con le sue amiche sintonizzata su Amadeus in una giacca di paillettes. 

Fanculo tutto, quell’anno avrebbe passato il capodanno svaccata sul divano in un abito da sera. Le sue amiche erano invitate a fare altrettanto, se volevano. Arianna sarebbe andata giù di testa al pensiero.  

“Ah va bene, va bene, se lo vuoi fare… il progetto è il tuo,” Renata si era stretta nelle spalle, con un’espressione che diceva tutto quello che effettivamente pensava dell’idea di fare un vestito inutile.

Oh beh, Renata era una donna di altri tempi, Margherita l’avrebbe probabilmente soddisfatta solo rispettando strenuamente il cartamodello. Ah, sì, come no. 

Margherita aveva pensato che le sarebbe venuto un infarto quando aveva deciso di attaccare ad un corpino assolutamente anonimo la gonna accorciata di un dirndl tirolese - capiva che il giornale fosse tedesco, ma chi mai avrebbe sprecato stoffa per realizzare un dirndl tirolese? Era ovvio che il modello fosse lì per essere smembrato in tutte le sue parti e usato a piacere, assolutamente ovvio - e sicuramente non le aveva detto che usare il gessetto da sarta era un dito al culo per cui era ricorsa all’uso dei pennarelli per bambini, - quelli che, una volta messo il vestito in lavatrice, sarebbero spariti dalla stoffa completamente, - perché allora probabilmente l’avrebbe cacciata dal corso di cucito con tutti i suoi scampoli di stoffa al seguito. 

“Io non sono sicura che fare un vestito del genere sia un’idea così grandiosa, sai?” Arianna aveva guardato il boa di piume con faccia preoccupata. 

“Eh dai, esci un po’ dagli schemi! E poi guarda quant’è carino! Mi ha chiamata dalla vetrina, non potevo non prenderlo.” 

“Tu e i tuoi colpi di fulmine.” 

“È stato un segno del destino.”

Un segno del destino davvero perché Margherita non solo si era innamorata del boa di piume, ma aveva persino trovato la stoffa adatta da abbinarci -  ad un prezzo abbastanza abbordabile da farle cancellare l’intervento per vendere un rene al mercato nero - e poi nel Burda di quel mese aveva visto il modello perfetto, un vestito da due pallini di difficoltà e che non sembrava così difficile da modificare per inglobare le piume che avrebbe usato per decorare il collo e l’orlo. 

Margherita non aveva mai visto una congiunzione astrale migliore. 

Così aveva tirato giù il cartamodello e aveva tagliato la stoffa e imbastito gli orli cercando di non farsi vedere da Renata ad usare un fottuto pennarello, perché a quanto pareva il gesso da sarta era sacro e tutto ciò che non era ortodosso veniva bandito - come le cerniere da cucire a mano cucite invece a macchina che “no, no, se vuoi usare la macchina, devi comprare le zip a spirale, non quelle normali!” o gli spilli dei cinesi, che ‘poi non passano la stoffa e si piegano’. Ma alla fine Margherita aveva avuto tra le mani il primo abbozzo di vestito. 

Solo che quando era andata a provarselo, questo era di almeno due taglie più grandi. 

Maledicendo i tedeschi, Margherita si chiese quale fosse esattamente il loro problema. Lei le sue misure le aveva prese giù perfettamente, al millimetro, controllando la tabella delle taglie tre volte. Come faceva a ritrovarsi un vestito così grande? Cos’era, gli editori pensavano che la gente mentisse? Cioè, quale demente se ha una 44, pensa che sia una buona idea fare una 42 o una 40? Se non ci entri, vedrai che la prossima volta prendi giù la taglia giusta. 

“Dovresti rifarlo da capo,” suggerì Arianna, con fare desolato. 

“Ho finito la stoffa!”
“Allora dovrai adattarlo,” sentenziò Renata osservando l’abito con occhio critico. Era già entrata in modalità sarta: anche se il vestito che Margherita aveva scelto non le piaceva, ora avrebbe fatto di tutto per aiutarla a farlo diventare perfetto.  

Margherita sospirò desolata, perché odiava adattare gli abiti che aveva già fatto. Le venivano sempre storti e bitorzoluti e orrendi e ci doveva lavorare ore sopra, perché Renata non le dava un momento di tregua. O veniva bene o non poteva abbandonare il progetto a sé stesso. 

Beata Renata, Margherita poteva sbuffare finché voleva, ma in fondo in fondo lo sapeva che era una cosa carina, che la doveva ringraziare per essere il motivo per cui il suo armadio non era pieno di progetti mezzi cuciti e abbandonati senza orli o zip o riprese. 

“Stringi nelle cuciture,” Renata aveva cominciato a istruirla “invece che un centimetro e mezzo ne lasci tre. E poi tagli la stoffa in più, se no fa massa.” 

“Ma dopo fa difetto sulla schiena, sembrerà che io abbia la gobba.” 

“Allora fai due riprese dietro, così ti snellisce ancora di più.”  

Margherita si era messa le mani nei capelli, ma poi si era messa al lavoro. E ce l’aveva fatta. Sì, certo, ci aveva messo più tempo di quello che avrebbe voluto, ma il modello base, - un abito azzurro cielo lungo fino al ginocchio, senza spalline, con troppi pezzi per essere poi, alla base, solamente un tubo di stoffa -, era pronto, con persino la cerniera già imbastita. 

Margherita però non aveva contato con il fatto che le piume non fossero esattamente… collaboranti

Altro che segno del destino e congiunzione astrale, quell’abito non s’aveva da fare. 

Frustrata, Margherita si tolse gli spilli di bocca e li sbatté sul tavolo. 

“Hai bisogno di una mano?” 

“Non riesco a fissare il boa. Scivola via e perde piume come una gallina tutte le volte che lo tocco. Di questo passo sarà spelacchiato per quando avrò finito di cucirlo!” 

Arianna osservò quell’obbrobrio di piume con aria critica. 

“Facciamo così. Io ti fisso il boa e tu mi aiuti con gli strass dei miei pantaloni.” 

“Sì ti prego grazie!” Margherita non la lasciò nemmeno finire di parlare. Era perfetto, era una situazione win - win. Adorava applicare i rhinestones, era un gesto meccanico che la rilassava e per di più alla fine avrebbe avuto anche il suo vestito finito. Margherita le avrebbe fatto una statua. 

“Ok, ok, meno entusiasmo,” ridacchiò Arianna, prendendo il suo posto al tavolo di lavoro. “Poi devi comunque fissare la cerniera, eh, quello non te lo faccio io.” 

Ed era alla lezione successiva, proprio mentre Margherita tirava via il filo dell’imbastitura dalla cerniera ora perfettamente cucita, che Renata si era presentata con una busta.
“Ho una cosa per te.” 

Margherita l’aveva aperta, sperando non fosse il rimborso del corso di cucito da cui sarebbe stata cacciata.
Invece erano due patch, blu reale come il colore del boa e a forma di piuma per di più.  

“Sono bellissime, grazie!”

“Sarebbero da stirare, ma non so se la stoffa che hai scelto riesca a resistere alla temperatura del ferro senza rovinarsi. Puoi sempre cucirle a mano, però.”

“Le cucio a mano, non c’è problema! Non so dove metterle, però.” 

“Provati il vestito, ti dò una mano a scegliere.” 

Margherita aveva infilato il vestito nel camerino di fortuna e, wow, sì da finito non lo aveva ancora provato, ma faceva la sua dannata figura. Le piume frusciavano contro la sua pelle ad ogni passo e a lei sembrava di camminare su una nuvola.
“Marghe, è stupendo!” Arianna sembrava estasiata e anche Renata aveva un sorriso compiaciuto sul viso. 

“È molto bello, davvero, Margherita.” 

La ragazza si pavoneggiò un po’ in giro, mostrando il vestito alle altre del corso. Persino Marta le fece le congratulazioni, quella perfettina a cui riusciva tutto al primo colpo - e no, Margherita non si sarebbe messa in competizione con una donna che aveva dieci anni in più di cucito sulle spalle, nonostante avesse soltanto cinque anni più di lei. 

“Allora, dove le metto le toppe?” Margherita chiese tornando al proprio tavolo di lavoro. 

Con attenzione Renata prese un paio di spilli dal cuscinetto che aveva appuntato sulla giacca. “Questi tornano indietro, eh, che regalare spilli porta sfortuna.” 

Fu il turno di Margherita di inarcare le sopracciglia poco convinta, ma non disse niente, troppo impegnata a tenere in dentro la pancia per evitare di farsi punzecchiare. 

Quando Renata ebbe finito, Margherita si rese conto che le due piume posavano sui suoi fianchi, proprio dove la cresta iliaca premeva contro la pelle.
“Woah,” fu l’utilissimo commento di Arianna. 

Margherita andò a guardarsi allo specchio. 

“Non è un po’… troppo?” 

“Troppo?”
“Non ti offendere, Renata, ma… sotto una certa luce potrebbero sembrare due frecce che indichino… lì sotto.” 

Renata aveva riso. 

“Tesoro, so che mi consideri vecchia, ma quello è proprio il punto.”

“Eh?!”  

“Un vestito così non ha mezze misure, se ti devono guardare tutti almeno fai le cose per bene.” 

Non sapendo se sentirsi offesa in luogo del suo vestito - però dai, aveva le piume, in fondo era fatto per essere il centro dell’attenzione - o più sorpresa, - perché quella era Renata, insomma, cos’altro doveva aspettarsi dal mondo, che il sole sorgesse a ovest? - Margherita si limitò a rigirarsi nello specchio per osservarsi meglio. 

“Non è così eccessivo come lo fai tu,” le disse Arianna. “Secondo me stai bene, sembrano le effe di un violino.” 

“Dici?” 

“Dico.” 

Margherita allora si convinse, perché Arianna non l’avrebbe mai lasciata andare in giro conciata in maniera imbarazzante - cioè, non più imbarazzante di un boa di piume blu, comunque. 

“Grazie ancora, Renata! Io… Veramente, non me l’aspettavo.  

“Eh lo so, sono una donna piena di sorprese,” scherzò l’insegnante, “Per di più, non credere che non mi sia accorta che hai usato dei pennarelli per segnare la stoffa.” 

Margherita spalancò gli occhi, presa in contropiede. 

“Non sono cieca,” Renata le fece l’occhiolino, “ed è un’idea piuttosto furba, sai? Forse la prenderò in considerazione.” 


* * * 


“No, il modello è molto bello, ma la stoffa che hai preso non è abbastanza.” 

“Lo faccio più corto.”
“Non credo basti, ma la stoffa è tua.” 

“Ci provo. Vedrai che riuscirò a farcelo entrare.” 

Renata inarcò le sopracciglia poco convinta, ma la lasciò fare, andando a controllare un altro tavolo. Margherita dentro di sé sorrise con aria trionfante. 

“Hai la tua solita aria da ‘fanculo il drittofilo’,” la informò Arianna, cercando di pareggiare l’orlo dei pantaloni che stava bordando, “certe volte mi chiedo perché tu sia venuta a questo corso di cucito con me, se poi fai sempre il contrario di quello che dice l’insegnante.” 

Margherita si strinse al petto il taglio di stoffa striminzito di cui si era innamorata questa volta. “Perché le regole sono fatte per essere infrante.” 

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