For what it's worth
Mar. 1st, 2022 10:38 pmPrincipe Robert/Conte Wilbur (one-sided, unrequited)
COW-T #12, w3, m2: Good riddance (Time of your life) - Green Days
Tattoos of memories, and dead skin on trial
For what it's worth, it was worth all the while
È tutto sbagliato, Wilbur si dice, ma finge che vada tutto bene. E poi lo accompagna alla nave.
Non dovresti partire, vorrebbe gridargli, dovresti restare qui. Con me, dannazione!
Ma parlare, urlare e pestare i piedi non servirebbe a nulla, Wilbur conosce Robert da una vita e sa come è fatto, sa che quando si mette in testa una cosa non c’è verso di fargli cambiare idea. È un testardo che deve sbattere la faccia contro ogni singolo errore, non importa se poi gli rimarrà la cicatrice.
Se Wilbur dovesse dirgli qualcosa, fargli notare che sta buttando all’aria la sua vita, l’unica cosa che otterrebbe sarebbe una lite. Si lascerebbero a male parole, e la frattura nella loro amicizia sarebbe soltanto avvelenata dalla lontananza.
Wilbur non può lasciare che accada.
Così non dice nulla.
*
Wilbur si stampa un sorriso in faccia sopra i denti serrati e la mascella contratta; cerca di darsi un contegno e superare il pomeriggio, nonostante la litania di ‘non è così che doveva andare’ che gli invade la mente non accenni a fermarsi.
La cosa peggiore è che non può credere che tutto questo stia accadendo con il consenso del re - della regina, oh, certo, quella non sarebbe una novità, ma il re è sempre stato un po’ ottuso e poco prono ai cambiamenti e ora… ora che sarebbe stata l’unica volta buona di piantare i piedi e dettare legge, proprio ora re Rowan decide di buttare all’aria le tradizioni.
Wilbur attende al proprio posto, non più alle spalle del principe, ma lontano, nell’angolo di sala che compete alla sua famiglia da generazioni, quello che occupa nelle cerimonie più formali e ligie all’etichetta - come se tutto questo affare non fosse una farsa e davvero dovesse essere trattato con il massimo rispetto. Wilbur si trattiene dall’alzare gli occhi a cielo.
Poi Robert arriva, trascina al braccio la forse futura sposa e sì, certo, Wilbur lo vede il bellissimo quadretto che compongono, ma quello rende soltanto più dolorosa la morsa attorno al suo cuore.
Robert sorride, il principe che ha abdicato, come un idiota e Wilbur deve impedire al suo labbro tremante di piegarsi in un’espressione di rabbioso disgusto. Ella, al suo fianco, è radiosa.
Robert parla e parla, blatera di posti nuovi da visitare e di viaggi per mare, come se fosse stato il sogno di tutta una vita. Come se non avesse desiderato diventare re dall’età di cinque anni.
Wilbur ascolta in silenzio e, quando Robert, richiamato dal padre, lo lascia solo il suo ‘amore’, nel silenzio si rifugia.
“Io non ti piaccio molto, vero?” chiede Ella, alla fine, come se dovessero davvero parlare dell’elefante nella stanza. Sulla faccia ha una smorfia di circostanza, una di quelle che sembra dire ‘mi dispiace non poter piacere a tutti’, come se lei non avesse nessuna colpa, come se Wilbur non avesse buoni motivi per detestarla.
“Non dovete piacere a me, dovete piacere al principe,” Wilbur tenta di addolcire il proprio tono, è il migliore amico di Robert e deve andare d’accordo con la futura sposa, “e il principe è pazzo di voi.”
Sceglie con cura le parole, perché ci crede davvero che Robert sia completamente impazzito - tutta la corte lo è, com’è possibile che nessuno dica nulla, che nessuno si opponga ad un viaggio intorno al mondo dietro le gonne di una sarta. Sembrano tutti felici e contenti di liberarsi di lui, forse pensano davvero che sia il figlio imbecille del re e stanno tirando un sospiro di sollievo al pensiero di avere Gwen come futura regina. O forse stanno soltanto fingendo di non vedere che il re è nudo, come in quella vecchia favola.
“E non c’è niente che potrei fare dire per farvi cambiare idea.” Non è una domanda, la ragazza è abbastanza intelligente, se non altro.
Wilbur risponde comunque.
“Potreste evitare di fargli buttare all’aria tutta la sua vita.”
Ella sorride, non incontra il suo sguardo. “È una sua scelta, non mia.”
È una stupidaggine bella e buona, e il pensiero deve essere evidente sul suo viso, perché Ella cerca di spiegare.
“Io posso scegliere soltanto per me stessa, e non posso fingere di sapere cosa sia meglio per un altro, e certamente non posso farlo al punto di andare contro i suoi desideri.”
“Molto comodo,” Wilbur si lascia scappare, poi si maledice per la sua linguaccia un po’ troppo lunga.
“Oh, al contrario,” Ella non sembra turbata, “Sarebbe molto più facile fare ciò che tutti si aspettano, molto più comodo se ci sposassimo e Robert diventasse re. O se lasciassi Robert e gli impedissi di seguirmi. Ma so cosa si prova a sentirsi dire di non poter fare qualcosa per il mio stesso bene, come se qualcun altro a parte me stessa potesse davvero sapere cosa è meglio per me.”
Wilbur sorriderebbe dell’ingenuità - troppi anni passati a corte per sapere che nessuno è davvero libero di fare quello che vuole. La ragazza vuole vendere vestiti, il principe vuole la ragazza. Scoppierà come una bolla di sapone.
“E poi?” chiede, “Quando sarete la sarta più famosa di tutti i regni, cosa sarà Robert?”
“Forse dovreste lasciare che sia un problema suo.” È così condiscendente, Ella, quando glielo dice, come se stesse spiegando l’alfabeto ad un bambino, che Wilbur quasi non ci può credere.
Non sa niente, questa ragazzina con la testa piena di stelle, di cosa sia l’amore, niente di cosa una persona possa fare, sopportare, per esso.
Robert ritorna giusto il tempo per prendere sotto braccio la forse futura sposa e trascinarla verso il prossimo nobile a cui presentarla. Non si volta nemmeno una volta per salutare Wilbur.
*
“Lo sai che resteremo sempre noi due, no?” Robert gli dice quando lo abbraccia alla nave. “Non cambierà niente.”
Ma cambierà tutto, e Wilbur si chiede se Robert sia davvero tanto ingenuo o se stia solo facendo finta, per non pagare mai le conseguenze delle sue azioni.
Wilbur se lo stringe contro il petto comunque. E poi lo lascia andare.
Per quello che vale.