Mar. 2nd, 2019

Wings

Mar. 2nd, 2019 08:56 pm
danzanelfuoco: (Default)
Fandom: One Piece
Ship: Sanji & Zoro
Rating: SAFE
Wordcount: 636
Prompt: La piuma arrivò risalendo il vento. (La piuma, Giorgio Faletti)
Challenge: COW-T #9, missione 2

La piuma arrivò risalendo il vento, una corrente ascensionale che dalla prua aveva trasportato la penna fino alla coffa, dove si era posata sul bordo della finestra. 

Non sembrava la piuma di un gabbiano, era troppo grande, e per di più gabbiani non ce n’erano nell’isola dove erano appena approdati. Forse un albatro? Ma di che dimensioni sarebbe dovuto essere per avere piume tanto grandi.

Zoro si ritrovò ad aprire il vetro della finestra per poterla prendere e osservare più da vicino. Non che lo spadaccino si fosse mai fermato più di tanto ad osservare i volatili che solcavano il cielo azzurro sopra la Going Merry durante i loro viaggi, ma era inevitabile quando si passava così tanto tempo di vedetta, con l’unica compagnia delle nuvole e degli uccelli. 

Certo, ora che i suoi turni di guardia si svolgevano sulla coffa della Thousand Sunny il cielo lo vedeva meno, ma a Zoro non dispiaceva neppure più di tanto, considerando che ci guadagnava in calore. 

In ogni caso, lui non conosceva nessuna specie a cui potesse appartenere quella piuma. 

Beh, non che ci avrebbe perso il sonno. 

Zoro lasciò la calda comodità del divanetto per scendere sul ponte a recuperare una bottiglia di sakè dalla cambusa. 

Fu una fortuna il fatto di vedere quello che vide prima di avere tra le mani la bottiglia perché altrimenti sicuramente quella gli sarebbe caduta dalle mani, infrangendosi al suolo e sarebbe stato uno spreco di alcool. 

“Ma che diamine -?” 

“Poteri da Devil Fruit” gli spiegò Usopp, portandosi via il carico di provviste per la cucina dove Sanji ora non poteva più entrare. 

“Hai mangiato un Devil Fruit?” 

“Non ne ho mangiato uno” replicò piccato Sanji, l’espressione di un uomo che abbia appena mangiato un limone intero sul viso, accendendosi una sigaretta consolatoria. “Un idiota ha provato a trasformarmi in un uccello con i suoi.”

Zoro occhieggiò le enormi ali bianche ripiegate sulla sua schiena. Ecco da dove veniva la piuma che aveva lasciato cadere sul pavimento della coffa. 

“E ti ha trasformato in un angelo?” 

“Angelo?” Il sopracciglio spiraleggiante di Sanji si alzò abbastanza da accompagnare il suo ghigno. 

“Oh, sta zitto!” 

Per una volta Sanji evitò di rispondere, tornando ai suoi vestiti laceri. “La camicia è andata, mi toccherà buttarla” ponderò considerando gli stracci laceri. “La giacca non voglio nemmeno guardarla, mi viene male al pensiero.” 

Zoro sbuffò. Dannato damerino, chi se ne fregava dei vestiti! 

Non riusciva a vedere che il problema erano il paio di ali - talmente candide che il riflesso del sole le rendeva accecanti - che gli erano spuntate sulla schiena? 

“Se ne andranno via?” 

“Non lo so.” 

“Puoi volare?” 

“Ma che ne so!” Sanji si voltò di scatto e se Zoro non avesse fatto un balzo all’indietro lo avrebbe preso in pieno, mandandolo a terra. 

“Oi! Fa attenzione con quelle cose!” 

Sanji sembrò in procinto di iniziare una tirata, il volto contratto dall’ira. Come se Zoro avesse fatto una domanda irragionevole! 

“Ugh!” se ne uscì con un grido di frustrazione. “Non lo so, non so niente! Il tizio è scappato via non appena si è reso conto che quello che voleva fare non aveva funzionato. Il codardo!” 

Zoro incrociò le braccia sul petto. “E cosa avresti fatto tu perché volesse trasformarti in un uccello?” 

Sanji distolse lo sguardo, arrossendo lievemente. “Potrei… potrei aver fatto qualche complimento di troppo alla sua ragazza.” 

Lo spadaccino alzò gli occhi al cielo. “Non ci posso credere.” 

“Ma il codardo è fuggito, invece che affrontarmi!” 

Prendendosi il ponte del naso tra le dita, Zoro cercò di trovare abbastanza pazienza. “D’accordo, andiamo a cercarlo. Fammi strada” 

“Che?” 

“Voglio sapere se ti dovrò tenere svolazzante in giro per la nave per i prossimi dieci anni o che.” 

Sanji sorrise, senza aggiungere altro. Sapeva di poter contare su di lui. 


Risveglio

Mar. 2nd, 2019 10:37 pm
danzanelfuoco: (Default)
Fandom: Merlin
Ship: Melin & Arthur 
Rating: SAFE
Wordcount: 581
Prompt: Se ne stava rannicchiato fra due auto in sosta e aspettava il prossimo colpo cercando di coprirsi il volto. (Giancarlo De Cataldo, Romanzo Criminale)
Challenge: COW-T #9, missione 2

Se ne stava rannicchiato fra due auto in sosta e aspettava il prossimo colpo cercando di coprirsi il volto. Ovviamente doveva ficcarsi in una situazione del genere. 

Un millennio trascorso con la barba bianca e nessun problema e il primo giorno che decideva di tornare uno spensierato ventenne doveva finire a essere massacrato nel parcheggio di un supermercato da un idiota con una mazza da baseball nel bagagliaio che pensava che il fatto che Merlin avesse attraversato la strada - sulle strisce pedonali! - distrattamente e che lui avesse quasi rischiato di investirlo e ammazzarlo fosse un buon motivo per finire di ammazzarlo a mazzate. Diamine, erano anni che non aveva bisogno di un incantesimo per difendersi. Si chiese cosa sarebbe successo se avesse sbagliato una sillaba. Cranio spaccato al suolo o la sua magica immortalità lo avrebbe protetto anche in quel caso. Beh, c’era un solo modo di scoprirlo. 

“Che cazzo sta scucendo qui?”

L’idiota si fermò talmente sorpreso dall’interruzione da non essersi reso conto che il bastone che teneva in mano si era letteralmente trasformato in acqua ed era scivolato via tra le sue dita. 

Merlin avrebbe apprezzato molto di più l’intervento se la voce dello sconosciuto non gli avesse fatto venire la pelle d’oca, facendogli rizzare i peli della nuca. Quella voce… 

“Che cazzo vuoi, impiccione di merda?” l’idiota gli rigirò la domanda.

“Voglio sapere se stai picchiando questo ragazzo.” 

“E se così fosse?”
“Prima ti arresterei poi gli chiederei se vuole sporgere denuncia. Adorerei sbattere il tuo culo in cella per le prossime ventiquattro ore.” 

“Un fottuto poliziotto!” l’idiota sgranò gli occhi. “No, non lo stavo picchiando.”

“È così?”

Solo allora Merlin alzò gli occhi sul nuovo venuto e il sangue gli si gelò nelle vene. 

Non era possibile. 

“Allora? La stava picchiando?”

“Cos -? Ah! N - no! No, non mi stava picchiando.” 

La copia sputata di Arthur Pendragon, Re di Camelot, altra faccia della sua medaglia, lo guardò sollevando un sopracciglio come a suggerire che non credeva nemmeno ad una parola di quello che il mago gli stava dicendo. 

“Ha sentito, no, agente?” l’idiota sfidò la propria sorte, prendendolo in giro. Merlin fu a tanto da cambiare idea e a dirgli che sì, lo stava per ammazzare e che per favore se lo portasse via e possibilmente lo sbattesse in una cella angusta. Ma. 

Ma quello davanti a lui era Arthur e Merlin non lo vedeva più o meno da un millennio, quando aveva lasciato bruciare il suo cadavere su una barca ad Avalon. 

Non poteva permettersi di perderlo di vista solo per far arrestare un imbecille con il Q.I. di una pantegana. 

“Vattene, allora” il sosia del principe di Camelot rimase ben piantato ad attendere che l’idiota si allontanasse. Probabilmente più tardi si sarebbe chiesto che fine avesse fatto la sua mazza da baseball. 

“Grazie” Merlin disse ancora accucciato tra le auto. 

Il poliziotto in borghese rimise il distintivo in tasca e gli tese una mano per aiutarlo ad alzarsi. 

“Figurati! Avresti dovuto lasciare che lo arrestassi -”

Le parole gli morirono sulle labbra non appena Merlin accettò il suo aiuto per tirarsi su, nell’esatto momento in cui le sue dita sfiorarono il palmo della sua mano. 

I due incespicarono gli uni sugli altri e poi Arthur fu lì. 

Merlin lo vide nei suoi occhi prima ancora che l’altro potesse aprire bocca. Lo aveva riconosciuto, il loro semplice contatto aveva rimosso il sigillo ai ricordi della loro vita passata. 

“Merlin -?”

“Ben tornato, Maestà.” 

 

  


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