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 BEASTARS, Legosi/Louis, Doctor Who!AU
  • Maritombola 22 - In una astronave (Extratombola - Bestiality)


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Note: temporary major character death, frottage 

- - - 


Gosha gli dà l’orologio il giorno del funerale di sua madre. 

“Non aprirlo mai,” gli dice, “a meno che tu non senta di non poter vivere altrimenti.” 

Legosi non capisce - e come potrebbe - ma stringe comunque l’orologio da taschino tra le mani. È d’argento e finemente cesellato, troppo prezioso per essere maneggiato da un ragazzino goffo e ancora scoordinato dalla crescita. Legosi teme di rovinarlo, di graffiarlo con i suoi artigli. 

“Nonno, non… non posso tenerlo.”
“Nemmeno io.” 

È una tentazione, Gosha lo sa, la tentazione di abiurare le proprie scelte, negare quelle di Leano, invalidare quelle di Toki. Non c’è niente di fissato nello spazio-tempo, se non l’orrore che potrebbe provare per sé stesso una volta aperto quell’orologio - troppe cose che potrebbero cambiare, troppi sacrifici che non spetta a Gosha fare. 

“Mettilo via adesso, Legosi, che non fa bene guardarlo troppo a lungo. Fa venire strane idee.” 

Il lupo si fa scivolare l’orologio in tasca e Gosha spera che non gli debba venire mai la tentazione di aprirlo. 

Dopo il funerale, il rettile non vede Legosi per i successivi cinque anni. 

Ci prova a dirsi che è solo perché il nipote sta crescendo e a quell’età agli adolescenti piace essere indipendenti, ci prova a dirsi che non è stata la morte di Leano a creare una faglia tra loro. 

E poi, improvvisamente, un pomeriggio di cinque anni dopo, Gosha ricorda tutto. 

Lo sa ancora prima che il telefono squilli e quando lo fa, sa anche che è Legosi dall’altro lato della cornetta. 

“L’ho aperto. Sto venendo a prenderla.” 

Gosha sente le lacrime scivolargli sulle guance ruvide. “Ti aspetto.” 



Non lo ha salvato. 

Non sapeva nemmeno di doverlo fare dopotutto. 

Sono passati tre giorni da quando ha liberato Haru e da quando Louis è scomparso. Tre animali non sono tornati a scuola quella notte, ma soltanto uno non era ai cancelli la mattina dopo. 

Legosi sapeva che Louis li aveva seguiti, se lo sentiva nelle ossa che il futuro Beastar non avrebbe rinunciato così. Eppure pensava che qualunque cosa Louis avesse fatto, sarebbe tornato trionfante. 

Invece l’unica cosa che è tornata è una scatola, indirizzata a lui, con tanto di nome. 

E quando l’ha aperta dentro c’era soltanto il frammento di un palco, chiazzato di sangue - il lupo non ha nemmeno avuto bisogno di annusarlo per sapere che veniva delle corna di Louis. 

È un messaggio. Stiamo venendo per te. 

Avrebbe dovuto ucciderli tutti. Avrebbe dovuto strappare la gola al capo e lasciarlo a morire in una pozza di sangue, tagliare la testa alla bestia in modo da sparpagliare i ranghi. Invece era stato debole, lo aveva lasciato vivere. 

Ed Louis era morto in cambio. 

“Legosi, tutto bene?” Jack gli posa una mano sulla spalla, ma Legosi lo scuote via, brusco, rifiutando il contatto. 

Cosa c’è in quella scatola?, vorrebbe chiedere il cane, vorrebbe pretendere di sapere perché sente l’odore del sangue, e chi mai invierebbe qualcosa di insanguinato al suo migliore amico? La stessa persona che tre giorni fa gli ha fatto quelle ferite? Sta succedendo qualcosa a Legosi, Jack lo sa, non può c’entrare solo la coniglietta, perché quella scatola, qualsiasi cosa ci sia dentro, puzza di cervide, Jack lo ha sentito non appena Legosi l’ha aperta. Non ci vuole certo un cervello geneticamente potenziato per collegare quell’odore al cervo di cui tutta la scuola non fa che parlare perché è scomparso da tre giorni. 

“Legosi…” Jack lo chiama ancora, prende tempo e coraggio, perché non vuole davvero conoscere la risposta alla domanda che sta per fare, ma deve farla lo stesso. “Legosi, cosa c’entri con la sparizione di Louis?” 

Il lupo chiude il coperchio di scatto e si volta verso Jack, “Cosa…?” 

Jack lo osserva, vede la follia nei suoi occhi - cerchiati di rosso e sbarrati e selvaggi. Non lo ha mai visto così. Quasi si aspetta una risata malvagia accompagnata da un “sei sempre stato troppo intelligente, Jack, ora dovrò uccidere anche te” - se solo quello non fosse il suo amico Legosi, quello che non farebbe male nemmeno ad una mosca. 

“Legosi, coraggio, a me puoi dirlo.” 

“È morto.” 

Legosi lo dice e improvvisamente diventa vero. 

Deve sedersi. 

Si lascia cadere sul letto, la scatola ancora in mano, e scossa la testa, come se bastasse a cambiare il fatto che Louis è morto

“Come?” Jack chiede, e si rifiuta anche solo di pensare come lo sai? o peggio, l’hai ucciso tu? 

“Non lo so. Io… non c’ero. Non ero lì per lui. Avrei dovuto esserci.” 

E oh, oh Legosi, in che ti sei andato a cacciare, sempre con il peso del mondo sulle spalle. 

Jack si inginocchia sul pavimento davanti a lui per prendergli la scatola dalle mani e Legosi oppone resistenza di riflesso, stringe le dita attorno al legno, prima di lasciar andare e permettergli di prenderla. 

Il labrador solleva il coperchio abbastanza da sbirciarci dentro, da vedere il frammento di osso e sentire la zaffata di sangue e cervo e… felino? Non è chiaro di che tipo, dopotutto quello che gli hanno inviato è soltanto un pezzo di corna - niente di vitale, ma non lo avrebbero fatto comunque, perché sprecare ottimo cibo solo per mandare un messaggio? - e forse è proprio questo che lo rende così definitivo. 

“Comincia dall’inizio,” Jack gli posa la mano libera sul ginocchio, stringe cercando di dargli conforto, e il lupo gli racconta di Haru e del suo rapimento, di essere andato da Louis per sapere che fare e di come lui si sia rifiutato di fare qualcosa, solo che poi qualcosa deve averlo fatto comunque, forse per un rimorso di coscienza, forse per amore, forse semplicemente perché è Louis. 

Jack lo ascolta, amico fedele che non è altro, e alla fine dice, “Dobbiamo sbarazzarcene, Legosi.” 

“Cosa?” Legosi lo guarda sconvolto, perché quella è l’ultima cosa che gli rimane di Louis, la presenza più ingombrante della sua vita che ora è improvvisamente sparita e lui non può lasciare andare anche quella scatola. “No!” 

Jack lo sa di sembrare poco empatico, ma non può fare niente per far stare meglio Legosi, per non farlo soffrire oltre, - qualsiasi cosa sarebbe soltanto una frase fatta, senza valore, che quando Legosi si pianta in testa che una cosa è responsabilità sua, non c’è modo di fargli cambiare idea - perciò l’unica cosa che può fare è usare il cervello per tenerlo al sicuro. 

“Ragiona, Legosi, è una prova! Mi hai appena detto che sei dovuto andare tu a salvare la tua coniglietta, e se la sua unica speranza è stata un lupo adolescente invece della polizia, l’organo competente e armato. Cosa pensi significhi?” Legosi scuote la testa perché è ancora troppo sconvolto dal fatto che Louis è morto, dannazione, e Jack continua a parlare,  “Se ti trovano con questo daranno la colpa a te, perché è la storia che gli conviene di più. Pensaci! Dovrebbero ammettere che c’è una gang di leoni che rapisce sistematicamente erbivori e che loro non stanno facendo nulla. Uno studente che dà di matto e mangia un compagno di corso è più vendibile e oh! Oh, merda! Ti daranno la colpa anche di Tem.” Jack scatta in piedi, una mano a coprisi la bocca. In che momento la sua vita è diventata un dannato film poliziesco?

“No,” Legosi approfitta della sua distrazione per riprendersi la scatola, “Non posso, Jack. Louis è morto. Per colpa mia. E questa è l’unica cosa che mi rimane di lui.”  

Jack tenta di farlo ragionare, ma Legosi si butta nell’armadio a rovistare tra le sue cose, cercando di seppellire la scatola sul fondo del cassetto, come se bastasse a far sì che nessuno potesse mai trovarla. 

È in quel momento che le sue dita sfiorano il freddo metallo di un orologio da taschino che quasi aveva dimenticato di avere. 

“Non aprirlo mai, a meno che tu non senta di non poter vivere altrimenti.” 

Una marea di sciocchezze, un enigma vuoto che doveva soltanto servire a distrarlo dal funerale di sua madre - non abbastanza, a distanza di così tanti anni,  per distrarlo dal funerale di Louis.

Come se servisse a qualcosa. 

Legosi afferra l’orologio con rabbia, sente i suoi artigli sfregare contro il quadrante, sfregiare gli intarsi. Non gli importa. Non importa nulla. 

“Non aprirlo mai, a meno che tu non senta di non poter vivere altrimenti.” 

Non vuole dire nulla. Non ha significato, come tutto il resto d’altra parte. 

Così Legosi apre l’orologio.

“Legosi!” Jack grida, ma il lupo non lo sente più. 

È il giallo. 

Tutto diventa giallo, dorato come la polvere del tempo, come la matrice dello spazio, come il pozzo dentro il quale avrebbe dovuto guardare sperando di non impazzire. 

Non è un evento fissato nel tempo e nello spazio, è qualcosa che può cambiare e per farlo deve soltanto…

“Legosi!”
“Devo andare!”
“Sei appena svenuto! Devi andare da un dottore!” 

Ah. 

Ma no, Legosi non ha bisogno del Dottore. 

“No. Adesso sono io il Dottore.”
“Oh, Rex! Ha un trauma cranico!” 


*


Louis ha smesso di cercare di convincersi che sia una pessima idea. Il peso della pistola nella tasca è rassicurante, la mano chiusa intorno al calcio come ulteriore precauzione. Tutto inutile, in ogni caso. Sarà morto per la fine della serata. Lui insieme a quell’idiota di Legosi e Haru, sempre che lei non sia già morta rendendo tutto questo ancora più stupido. 

Non avrebbe dovuto lasciarsi coinvolgere, ma Louis ha già fatto pace con sé stesso - non può lasciarli andare a morire da soli. 

Ciò non toglie che abbia un piano, o se non altro un abbozzo, e quindi si avvicina alla tana dei leoni  con nonchalance studiata, girandoci intorno e assicurandosi che nessuno stia prestando attenzione a lui. 

Per questo è inaspettato che qualcuno lo afferri per un polso e lo trascini indietro. Louis, rapido di riflessi, sfrutta il momentum per ruotare su stesso, ma non ha fatto bene i conti e si ritrova a sbattere contro il petto dell’aggressore. 

“Legosi? Ma che cazzo?!” Il cervo allontana la pistola dalla tempia del lupo, ma non la abbassa. Legosi non sembra nemmeno aver fatto caso al fatto che Louis gliela avesse puntata contro in prima battuta. 

“Sei vivo.” 

“Certo che sono vivo!” 

“Andiamo.” 

“Ma Haru…” 

“Haru sta bene.” 

Se fosse stato chiunque altro, Louis non ci avrebbe creduto, perché il lupo aveva un vantaggio minimo su di lui e quello è il covo della Shishigumi, non c’era il tempo materiale per un salvataggio. Ma quello è Legosi e se gli dice che Haru sta bene, allora Haru sta bene. 

“D’accordo.” 

Solo che andiamo è una porta affacciata sul nulla in mezzo alla strada e Louis si ritrova a fissare la scatola tra le sue mani, a stringerla compulsivamente, talmente forte da farsi sbiancare le nocche sotto la pelliccia rossastra, dopo che Legosi gli ha raccontato la storia più assurda su astronavi e marchingegni che alterano memoria e DNA, e viaggi nel tempo per cambiare un passato che non è ancora divenuto tale perché - 

“Sono… morto.” 

“Sì.” 

“Ma adesso sono vivo.”
“Perché per te non è mai successo.” 

Quello che dice Legosi non ha senso - è complicato e arzigogolato e manca di logica in ogni sua parte, come quasi tutta la morale che muoveva Legosi prima che si presentasse con una fottuta astronave che viaggia nello spazio-tempo. 

Forse Louis è morto davvero. Forse questa è l’allucinazione che il suo cervello ha inventato negli ultimi minuti di anossia prima di spegnersi definitivamente. 

Forse Louis è sempre stato quello che non aveva senso e non l’aveva mai capito. 

“Vuoi tornare a casa?” Legosi chiede e Louis scoppia a ridere. Casa. Ha appena scoperto che esistono i fottuti alieni e che se non fossero esistiti lui sarebbe morto e Legosi gli chiede se vuole andare a casa. Dove, a Cherrinton? Da Ogma? Alla Torre del Mercato Nero? Quale cazzo è la sua casa, eh?
“Louis?” 

D’accordo, Louis può ammettere di star avendo un crollo psicotico, che tutto questo è un po’ troppo, così cerca di contenere i singhiozzi della risata che ancora gli scuote il petto e si volta verso il lupo. 

“Mi hai appena detto che questa cosa viaggia ovunque in qualunque tempo e in qualunque luogo e che sarei potuto morire tra un’ora e mi chiedi se voglio tornare a casa? No, cazzo! Portami in un qualsiasi altro posto che non sia casa!”

Legosi cerca di impedirsi di scodinzolare, ma non ci riesce. 



Accade alla periferia di una città qualunque su un pianeta qualunque, - perché i mercati neri esistono in tutti gli universi e homo homini lupus è una stronzata, tutte le forme di vita tendono all’edonismo, anche quelle con i tentacoli e le uova - ma per Louis la città di Kumsdel sul pianeta Rho IV rimane una rivincita personale. 

Certo, devono fuggire in fretta e furia, la sirena dell’allarme che spacca i timpani non appena aprono le prime catene ai polsi degli schiavi, e riescono a malapena a sfuggire il blocco della gendarmeria, ma quando alla fine Legosi li lascia sul loro pianeta di origine, tra le lacrime e la gratitudine, Louis non riesce a fare a meno di smettere di piangere. 

Non pensa di averlo mai fatto prima, nemmeno nella Torre del Mercato Nero, nemmeno da cucciolo, e ora invece quel liquido salato gli bagna le gote e. Non. Riesce. A. Smettere. 

“Tutto bene?” Chiede Legosi e già sta per entrare nel panico. 

Louis potrebbe dire che sì certo che va tutto bene, che il lupo ha appena infranto quindici leggi interplanetarie o giù di lì solo perché Louis non voleva lasciare quelle povere creature in catene e ovviamente Louis è l’essere più felice nella galassia, forse nell’intero universo ed è tutto merito di Legosi. 

Invece Louis gli prende il muso tra le mani e pianta le labbra sulle sue. 

Il lupo, preso alla sprovvista, rimane impalato. “Louis?” 

“Oh. Scusa.” Il cervo fa un passo indietro, “Pensavo… Ho frainteso.” 

“No!” 

“No?” 

“Mi hai preso alla sprovvista. Ero io che non pensavo…”
“Ah.” 

“Quindi posso…?” 

“Oh, Rex, sei proprio vergine! Non si chiede!” 

“Il consenso è importante.” 

“Sta zitto!”
E Louis lo bacia di nuovo. 

Legosi nemmeno questa volta sa dove mettere le mani, ma se non altro è preparato. È un po’ strano, ma poi Louis gli prende le mani e se le porta sui fianchi. 

Al lupo sembra che il petto gli possa esplodere, le mani gli sudano, non può credere di star davvero baciando Louis, toccando Louis. 

Gli sfugge un ringhio dal fondo della gola, un mugolio che sembra dare al cervo il permesso di approfondire il bacio, socchiudendo le labbra per leccare il bordo affilato dei canini di Legosi. 

Legosi si ritrova schiacciato contro la consolle dei comandi senza nemmeno rendersene conto, le mani di Louis che sbottonano rapide la sua camicia. 

Legosi non è del tutto sicuro di cosa stia accadendo, sa solo che non vuole fermarsi, che non gli sembra vero, così lo lascia fare, anzi lo segue, strattona la sua di camicia fuori dai pantaloni per posare i palmi contro il pelo serico dei suoi fianchi, accarezzando la carne calda del suo addome. 

Louis rabbrividisce contro il suo petto, gli si stringe contro e finalmente - finalmente! - riesce ad avere la meglio dell’ultimo bottone e sfilargli la camicia. 

“Lubrificante.” 

“Eh?” 

“Ci serve del lubrificante, Legosi!”
Legosi, che al momento non sa nemmeno come si chiami, non sa nemmeno se ci sia del lubrificante sulla dannata astronave e il suo contributo è un utilissimo “Uh.” 

Louis scossa la testa, “Beh, allora la scopata di ringraziamento dovrà aspettare,” ma comincia comunque ad armeggiare con la cintura dei pantaloni del lupo e Legosi si sente estremamente stupido - anche se a sua discolpa è perché tutto il suo sangue si trova in una regione del suo corpo che non c’entra niente con il cervello.  

“Che stai facendo?”
“Oh, Rex, Legosi! Ci sono altre cose che si possono fare senza lubrificante.” 

Legosi scossa la testa, cerca di fare un passo indietro come se Louis non lo stesse tenendo per il cavallo dei pantaloni - molto distraente, in ogni caso - e no, non gli si chiariscono le idee affatto, ma una cosa l’ha recepita nonostante l’erezione. “Scopata di ringraziamento, Louis?” 

“Beh?” 

“Non devi venire a letto con me per ringraziarmi.” 

Louis scuote il capo e ridacchia. “Sei proprio un idiota. Pensi che il mio culo valga così poco?” 

Legosi quasi si strozza con l’aria, comincia a tossire e riesce a malapena a gracidare un “scusami?” 

“Se mai dovessi vendermi,” e lo dice con una veemenza tale che Legosi si dà dell’idiota per aver anche solo pensato una cosa del genere, “pensi che sarebbe per uno sciocco sentimentalismo come questo?” 

Legosi scossa la testa in diniego, “È solo che…” 

“Sì, Legosi, voglio davvero venire a letto con te. Rex sa solo il perché a questo punto.”

“Oh.” 

“Se questo non fosse stato chiaro abbastanza,” e Louis gli prende la mano e gliela porta sulla sua erezione. Legosi lo può sentire attraverso la stoffa, il profilo della sua eccitazione, duro e rigido, per lui.   

Gli strappa un mugolio dal fondo della gola, gli porta a galla istinti che pensava di aver sepolto ed è Legosi allora a spingere Louis contro la consolle, a strattonargli via i vestiti e strusciarsi contro di lui, infilarsi tra le sue cosce come se lo stesse montando davvero. 

“Legosi…” Louis geme perché ogni spinta di Legosi tra le sue gambe chiuse fa sfregare la sua erezione contro l’addome dell’altro, ma il lupo gli chiude la bocca con la propria e il cervo non può far altro che gettargli le braccia al collo e muove il bacino al suo stesso ritmo. 

Non ci vuole molto per due adolescenti come sono a raggiungere l’apice e venirsi addosso - fortunatamente senza danni permanenti ai comandi di navigazione su cui sono praticamente sdraiati. 

“Legosi?”
“Uh?” 

“Il tuo battito è strano.” 

“Ho due cuori adesso. È un pacchetto completo con l’astronave.” 

Louis, ormai, ha visto cose più strane. 

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