Apr. 13th, 2021

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ATTACK ON TITANS

Levi!Centric

Future!fic, angst

Note: Continuity? What the fuck is continuity? - no, davvero, non ricordo più neanche a che capitolo sono rimasta con il manga (poco dopo il 119, probabilmente) quindi non ho idea se questa cosa potrebbe mai avere senso. 

Challenge: Prompt in bottiglia (Ambientazione: guardiani del faro; Prompt: sgombri e sardine)




Il guardiano del faro è un uomo anziano, la pelle cotta dal sale, gli occhi sottili stretti contro il riverbero del sole sulle onde.
Il guardiano del faro è strano e taciturno e non scende mai al villaggio. Se ne sta da solo, rinchiuso tra quelle mura circolari e altissime, alte tanto quanto si dice fosse stato alto il Wall Maria ai suoi tempi. 

Mayam non sa se sia vero che le mura fossero davvero così alte, perché le riesce difficile concepire come qualcuno sia riuscito a costruire anche solo quel faro, figurarsi tre cinta di mura a circondare l’intera città. Ma se il faro è lì, forse anche le mura c’erano davvero. 

Per Mayam il faro è tanto misterioso quanto l’uomo che lo abita - perché le navi che attraccano sull’isola di Paradis sono talmente poche e comunque non usano più nemmeno quel porto, che tutti in città si chiedano perché mai il governo non lo faccia demolire, o se non altro, perché non lo lasci andare in rovina. 

Ma il guardiano del faro è sempre stato a guardia del faro da quando è stato costruito sessant’anni prima, subito dopo il crollo delle mura, subito dopo la pace con Marley - eventi lontani di cui Mayam ha sempre sentito raccontare dai nonni seduti a giocare a carte fuori dalle taverne, quando hanno avuto un po’ troppo vino da bere e le loro bocche si piegano in sorrisi amari. 

Il capitano Ackerman, lo chiamano quasi con riverenza, quasi il nome dovesse essere abbastanza per sapere chi sia. 

Mayam ha provato a chiedere al guardiano del faro, ma l’uomo è di poche parole e quelle dolorose fanno ancora più fatica ad uscirgli di bocca.  

Come tutte le settimane la bambina si inerpica, trascinandosi dietro il carretto, lungo la salita che porta alla costruzione, lasciandosi alle spalle le ultime case del villaggio. 

Il distretto di Shiganshina negli anni ha prosperato così tanto che Mayam non può quasi credere che una volta dove si trova la sua casa non ci fossero altro che campi brulli e foresta, abbandonati a sé stessi perché c’erano i giganti. Il nonno di Mayam scossa la testa quando sua figlia ride e dice ‘sicuramente non possono essere stati così alti, papà’ e la bambina riesce a sentire i suoi borbottii di risposta soltanto perché sta letteralmente pendendo dalle sue labbra. Così pochi anni e stanno già perdendo le proporzioni di quanto è successo. 

Mayam non ha un’idea ben chiara di cosa fossero esattamente i giganti, ma il guardiano del faro deve saperlo, perché suo nonno, come tutti gli altri, ha quel tono quando parla di lui, humanity’s strongest

Il carretto di Mayam si blocca su un sasso e la bambina deve fermarsi per toglierlo, scavando la terra con le dita perché l’ultima volta che ha provato ad ignorarlo le si è ribaltato il carretto e ha scoperto che cosa esattamente stava consegnando all’uomo. 

Detergenti per la pulizia. 

Mayam, dall’alto dei suoi dieci anni, non è esattamente la più pragmatica esperta di economia domestica, ma aveva pensato… beh, onestamente aveva pensato ci fosse del cibo dentro quelle casse, non sapone. 

Quando lo aveva detto al guardiano del faro, quello aveva sorriso, Mi basta il mare, aveva detto. Ci è sempre bastato

Mayam, nonostante i dieci anni, intuisce che ci sia di più dietro le sue parole, come quando gli adulti dicono una cosa che non fa ridere per niente ma ridono tutti perché lei è troppo piccola per capire. 

Non riesce a credere che siano soltanto sgombri e sardine - quel poco che il mare dà al vecchio - ciò di cui sta parlando. 

Mayam raggiunge la base della costruzione e abbandona il carretto accanto alla porta. Ha fatto abbastanza consegne per sapere che il guardiano del faro non risponderebbe se anche bussasse. Invece, costeggia la costruzione e lo raggiunge sulla spiaggia. 

“Buongiorno, Mayam.” Il vecchio non solleva nemmeno la testa, continua a pulire il pesce striminzito che le sue reti hanno intrappolato. Sangue e interiora che si asciugano sulla sabbia salata.  

“Buongiorno, signor Ackerman,” la bambina risponde, e il nome nella sua bocca suona esattamente come tutti gli altri. Guarda le ossa fragili, i polsi sottili e non può sapere - non può immaginare - di fasci di muscoli scattanti, lanciati nel vuoto appesi soltanto ad un filo, perché sono sessant’anni che nessuno usa più il movimento 3D, sono sessant’anni che non ci sono più mura abbastanza alte per allenarsi e giganti da cui fuggire. “Buona pesca oggi?” 

 “Come al solito,” il vecchio si stringe nelle spalle, “ce lo si fa bastare.” 

“Perché il mare le è sempre bastato?” Mayam chiede prima di potersi fermare e l’uomo alza la testa di scatto.
C’è sorpresa nei suoi occhi, quasi non possa credere che si sia ricordata quelle poche parole che si è lasciato sfuggire.

“Sì, ci è sempre bastato,” la corregge, perché è troppo giovane, troppo innocente. Non può sapere di quel branco di ragazzini cocciuti che erano riusciti a vedere l’oceano così tanti anni prima. Una piccola vittoria. Una sciocchezza in confronto a tutto il resto. Ma alla fine della distesa di tombe che ha finito di visitare - tutte meno la sua - Levi non ha trovato un posto migliore dove aspettare. 

Vi, signor Ackerman?” 

Il guardiano del faro è un uomo di poche parole. E ormai le ha consumate quasi tutte. 

Ci, Mayam. Tanto tempo fa.”  

Quasi tutte. 

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